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Gin Pilz, il gin trentino nato bevendo nel mondo

Elisabetta Lugli
February 16, 2021

Dalla distilleria trentina Pilzer nasce uno straordinario London Dry Gin dalle note mediterranee: ecco la storia di Gin Pilz

Sono due fratelli trentini i creatori di Gin Pilz, un distillato nato in una terra storicamente vocata alla grappa, ma che fin da subito si è fatto notare come prodotto di eccellenza. Presenta una nota mediterranea capace di stupire in un prodotto nato sulle Dolomiti ed è un gin che ha già portato a casa parecchie medaglie d’oro. Abbiamo parlato con Bruno Pilzer, uno dei due fratelli, per farci raccontare tutti i segreti di Gin Pilz.

gin pilz

Bruno, raccontaci la storia di Gin Pilz dal principio.

Partiamo dalle origini: la distilleria Pilzer è stata fondata da nostro padre nel 1957. All’epoca Faver era un paese di distillatori di contrabbando, era complicato avere una distilleria “ufficiale”! Naturalmente adesso le cose sono cambiate. Comunque, abbiamo sempre prodotto grappa.

L’idea di produrre un gin è nata otto anni fa. Dei due fratelli io sono il più giramondo e la storia della nascita di Gin Pilz è un po’ da ridere. Per un produttore di grappa come me, l’idea di produrre un gin era un po’ come tradire la moglie! Mi trovavo a fare una degustazione a Taiwan con assaggiatori internazionali e una sera si è presentata questa situazione: siamo in tre, tutti a digiuno e ci mettiamo a discutere. Il mio amico austriaco mi chiede: “Ma tu hai mai fatto un gin?”. “ No”. L’olandese dice: “Dai che dobbiamo farlo”. Se ne parla e se ne discute tutta la sera e, morale della favola. me ne torno a casa con questa idea nella testa. L’anno dopo torno a degustare con l’amico austriaco, diciamo degustare, in realtà è stata una gran bevuta. Torno di nuovo a casa con una mezza idea, ordino le botaniche e mi metto a fare delle prove. Vreo un vero e proprio Jenever. Poi capita di nuovo l’occasione di viaggiare: questa volta in Belgio, ad Hasselt, dove nel Museo del Jenever era esposto il nostro vecchio alambicco discontinuo a bagnomaria per raccontare la storia della Grappa Trentina nel “tempio” del Jenever. Rientro a casa, passa del tempo, cerco i miei vecchi appunti, prendo dell’orzo maltizzato, lo faccio fermentare e preparo la base per questo gin che avevo in mente. L’attrezzatura non era perfetta e non è venuto chissà che. Prendo il distillato, lo faccio assaggiare al mio distributore inglese: una delusione totale. Allora faccio tutto da capo, stavolta con l’alcool neutro da cereali, e centro il prodotto. Sono state le lunghe prove a ritardare l’uscita di Gin Pilz. Quattro anni fa ho modificato l’impianto, alla ricerca di una maggiore efficienza. L’impianto va adattato alle varie materie prime: si fanno modifiche che richiedono tutta una serie di procedure complesse. 

ginpilz

Quali sono le caratteristiche di Gin Pilz?

Gin Pilz ha molto del nostro territorio dentro di sé. È un London Dry, l’alcool scelto è molto buono, la distillazione tradizionale. È fatto tutto per distillazione, il che comporta la difficoltà di dosare la potenza dei fiori di lavanda con il cardamomo e con le bucce di limone e di arancio; calibrare con la salvia dell’orto e il rosmarino raccolto in un altro orto, armonizzare con la radice d’angelica. Portare il gradevole profumo dell’asperula – erba delle nostre montagne – assieme al fiore di camomilla: queste appena citate sono solo alcune delle 15 botaniche che uniamo al ginepro, che non sono tutte dichiarate. A proposito del ginepro, anche lì serve abilità: bisogna lavorare bene la bacca, va aperta ma non schiacciata.

Infine, un’altra particolarità: produciamo due o tre volte l’anno, lasciamo riposare il prodotto e poi facciamo le dovute combinazioni: in questo modo si riesce a mantenerlo bilanciato. Combiniamo annate diverse: è l’uovo di Colombo, il modo di mantenere il Gin Pilz costante. Anche l’acqua ha la sua importanza, e la nostra è buona, viene da una zona porfirica, un altro regalo del territorio!

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Cosa ci dici dell’etichetta di Gin Pilz, così particolare?

Ha qualcosa di psicopatico, ti racconto la storia! Mio figlio fa curling, è arrivato fino alle Olimpiadi, una grande soddisfazione. A me è sempre piaciuto guardarlo giocare, fin dagli esordi. Si tratta di un gioco complesso e ho fatto un parallelo: io gioco con le botaniche, mio figlio con le bocce; il ghiaccio c’entra nel curling come nel gin; entrambi dobbiamo raggiungere il centro, la perfezione. Sono due giochi complicati, il curling e la distillazione. Anche il grafico, un architetto di Trento, si è appassionato alla mia idea quando gliel’ho raccontata. Il ginepro è la base, è il lanciatore, attorno ci sono le altre botaniche!

E il nome, Gin Pilz, da dove arriva?

Noi di cognome ci chiamiamo Pilzer, e un giorno una giornalista inglese ci ha presi in giro, dicendo che avevamo origini teutoniche con questo nome bizzarro: Pilz significa “fungo”. Il fungo cresce nel bosco come il ginepro… il nome è simile al nostro cognome: ecco svelato l’arcano.

Qual è il tuo modo preferito di gustare Gin Pilz?

Non sono ferrato nell’arte della mixology, mi accontento di una cosa semplice: vado abbondante con il gin, sforando i 30 ml e abbondo anche con la tonica. Mi piace la Fever Tree normale, aggiungo due dadetti di ghiaccio e nel bicchiere invece della buccia metto una goccia di limone. La mia personale idea di gin tonic! Ammetto che si tratti di un modo di bere da purista, da distillatore di grappa. Una cosa bella è che Gin Pilz si può bere anche da solo, e questo era il mio obbiettivo. Si tratta di un distillato impegnativo, non facilino. Ha una bella persistenza in bocca, è durevole. Dal punto di vista tecnico è una cosa particolare.

Che idee ci sono per il futuro?

Qui bolle sempre di tutto in pentola! Sto maturando un’altra idea, di nuovo non tipica del territorio: un rum. Sono stato in Guyana francese e mi sono comprato il melasso. Per quanto riguarda il gin invece, arriverà Gin Vento, un nuovo prodotto che sta nascendo adesso.

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