Come è avvenuto lo sviluppo della vostra particolare ricetta unica al mondo?
Marco: Per passione abbiamo fatto molta ricerca sui vini e siamo molto legati alla nostra zona ed è questo legame che volevamo trasmettere con GrapeHeart Gin. Marco ha un campo nella Valpolicella dove crescono le botaniche che abbiamo selezionato, infatti siamo partiti facendo infusioni a casa, poi, come diceva Francesco, ci siamo affidati a un professionista per lo sviluppo definitivo della ricetta.
Francesco: Tra le botaniche locali che abbiamo selezionato ci sono erbe e fiori, ma nessun agrume. Non è stato facile quindi bilanciare il gusto a livello di acidità, morbidezza e freschezza, soprattutto perché non volevamo usare lo zucchero in alcun modo. Alla fine però siamo riusciti ad ottenere un prodotto bilanciato. La parte più difficile è stata infondere il corpo e l’aromaticità del vino, dell’Amarone della Valpolicella, nelle botaniche del gin. E qui sono entrate in gioco anche le conoscenze tecniche di Marco oltre a quelle di Saverio.
Marco: L’Amarone è un vino intenso e strutturato, non adatto a essere semplicemente aggiunto al gin. Va lavorato in modo delicato e quindi abbiamo dovuto inventarci dal nulla la tecnica che abbiamo utilizzato per integrarlo al gin.
Nella pratica l’idea è stata quella di nebulizzare il vino in gocce finissime usando un sonificatore a ultrasuoni, come quello che fa funzionare gli umidificatori, in grado di vaporizzare i liquidi senza scaldare. Le botaniche essiccate vengono dunque disposte su una rete e le fini gocce del vino si depositano sopra di esse: le ricoprono senza bagnarle, quindi senza rovinare le loro essenza. Poi erbe e fiori vengono nuovamente essiccati prima dell’infusione nell’alcol per la creazione del compound.
In questo modo il vino fa da legante tra le varie botaniche del gin, dà corpo senza appesantire. Infatti GrapeHeart Gin non sa di vino perché il ruolo dell’Amarone è quello di equilibrare e dare corpo. Utilizzando tecniche diverse avremmo annullato i sapori dati dai fiori poiché l’Amarone è molto alcolico e intenso. Per esempio se avessimo utilizzato le vinacce, esse avrebbero rilasciato il loro sapore troppo erbaceo e la loro tannicità che non volevamo nel gin e quindi abbiamo abbandonato questa idea.
Francesco: Sì, per questo motivo Marco diceva che abbiamo intrapreso uno studio approfondito del vino e della fermentazione in relazione ai distillati. Volevamo ottenere un gin che avesse il carattere del gin e allo stesso tempo richiamasse il territorio. E abbiamo anche voluto un bilanciamento delle botaniche che facesse in modo che nessuna prevalicasse le altre. Con questo equilibrio lasciamo alla soggettività dei singoli palati la possibilità di riconoscerle in base alle proprie esperienze di gusto, così alcuni riconoscono meglio la salvia, altri la lavanda, altri il rosmarino…