Del resto “artigianale significa” semplicemente “fatto a mano” ed è raro che un gin sia prodotto in modo automatizzato al 100%: molte grandi aziende si affidano alle mani e ai sensi di un esperto per garantire la continuità del prodotto. Normalmente questa parola è utilizzata nel marketing per giustificare prezzi elevati, eppure artigianalità e qualità non sono sinonimi e una non implica l’altra. Inoltre talvolta i consumatori pensano che artigianalità e qualità siano necessariamente legate all’uso di un alambicco, ma proprio l’Italia ha grandi esempi di eccellenza proprio fra i suoi “compounders”, cioè coloro che non fanno il gin distillando ma infondendo gli ingredienti nelle soluzioni idroalcoliche.
Come fare dunque per orientarsi in un mondo così vasto? La mia risposta è: fidatevi dei vostri sensi più che delle storie che si raccontano attorno ai gin. Io le trovo bellissime e penso arricchiscano questo bel mondo; amo raccontarle. Ma, quando si deve poi decidere cosa bere, sono il proprio naso e il proprio palato quelli che devono essere soddisfatti. E se non ci si sente male e non si ha uno sgradevole mal di testa il giorno dopo, allora si è proprio certi di avere per le mani un gin di qualità, ma è sempre meglio non esagerare in ogni caso! Enjoy and God Save the Gin!