Lotti memories: gli anni del Beau Rivage

The Gin Lady
November 29, 2018

Ovvero cosa ha raccontato il presidente onorario Mauro Lotti nel primo appuntamento di Conversazioni sul Martini

Lo avevamo promesso. Per tutti i soci di Martini&Friends sarebbero presto arrivate le serate di conversazione dedicate al Martini al The Gin Corner. E non poteva che essere il presidente onorario Mauro Lotti il primo a raccontare le sue meravigliose avventure, stuzzicato dalle domande del presidente Valerio Berruti. Per i pochi che non lo sapessero, Mauro Lotti è stato barman negli alberghi più eleganti del mondo, calcando il bancone in quelli che probabilmente sono stati culturalmente gli anni più vivaci, a cavallo fra la Guerra Fredda e la Dolce Vita.

“L’alcol appartiene ai piaceri della vita e dobbiamo saperlo dosare.” M. Lotti

Ed è proprio nel pieno della Guerra Fredda che Mauro Lotti racconta di aver vissuto i suoi cinque anni a Losanna, dietro al bancone del Beau Rivage. La scelta di Losanna, racconta il decano dei bartender, non è stata casuale: “è il posto dove andavano le persone più ricche della terra, sia perché c’erano le scuole più rinomate, dove i veri ricchi mandavano i figli a studiare, sia perché c’erano le cliniche più esclusive, senza contare le banche”.

Un posto dove, afferma Lotti senza mezzi termini “se andavi in giro con una corona in testa nessuno faceva caso a te”. Tranne le spie, evidentemente, visto che a quanto pare in tempi di Guerra Fredda ne giravano parecchie nella località svizzera. C’era perfino un bar in una località vicina a Losanna che era notoriamente frequentato dalle spie. Un posto dove il bartender dopo qualche anno si è stufato perché nessuno dava mai confidenza, i cui clienti a stento parlavano fra di loro, anzi a stento parlavano proprio, pur conoscendosi perfettamente.

Non a caso, la leggenda di James Bond e del Martini nasce proprio da frequentazioni come quella del Beau Rivage del suo scrittore Ian Flaming. E di scrittori e di spie ne ha conosciuti parecchi il bravo Mauro Lotti. Quanto agli scrittori ha raccontato di Somerset Maugham, che una volta all’anno andava al Beau Rivage per le sue cure geriatriche, accompagnato dal suo assistente, che a quanto pare era anche il suo amante, che poco prima di morire lui stesso adottò, spegnendo le mire ereditarie dei suoi parenti. Detta così sembrerebbe un uomo altruista, ma secondo Lotti era una persona di rara cattiveria: “il più cattivo, il più vendicativo”, dice il barman. Ma un fondo di simpatia doveva esserci, se consideriamo che era un grande bevitore di Martini ed è a lui che si attribuisce realmente il leggendario “shaken not stirred” di James Bond.

Di modi più affabili era invece una spia greca, che ufficialmente di mestiere faceva l’ornitologo. Allevava e studiava i pappagalli, di cui aveva una vasta collezione e di cui era riuscito a creare perfino un incrocio, che porta il suo nome. Lo stesso Lotti racconta di esser stato invitato spesso a casa sua e che una volta, a parte i pappagalli, l’amico spia gli mostrò addirittura un’aquila da cinquanta chili: l’aveva addestrata a tenere d’occhio le ambasciate e i consolati, di nome faceva Cesar e a quanto dice Lotti anche il pennuto era un martiniano. Peccato che qualche anno dopo la spia evidentemente deve aver perso la sua copertura, perché a un certo punto è stato trovato in fondo a un burrone sulle curve della Costa Azzurra.

Un cenno lo hanno meritato anche i bevitori di Martini on the rocks, fra i quali Billy Wilder, afferma Lotti, “che lo beveva insieme alla moglie, addirittura pasteggiando”. Insomma, il regista aveva inventato il food pairing con i cocktail e non lo sapeva nemmeno. Bere il Martini con ghiaccio è un’abitudine degli intellettuali, che per Umberto Eco, che era uno di loro, “sono quelli che vogliono tenere la testa pulita”. Per Mauro Lotti, è “un modo civile di bere: l’alcol appartiene ai piaceri della vita e dobbiamo saperlo dosare”.

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