3. Esiste una lista ufficiale dei cocktail
L’Associazione Internazionale dei Bartender (IBA) conserva una lista dei cocktail “ufficiali”. Essi sono divisi in tre categorie: “Unforgettables” (Indimenticabili), che include Gin FIzz, Sidecar e Negroni; Contemporary Classics (Classici Contemporanei), come Cosmopolitan, Sex on the Beach e Black Russian; New Era Drinks, tra cui Espresso martini, Vesper e Dark ‘N’ Stormy.
4. I cocktail divennero popolari proprio durante il proibizionismo
Negli Stati Uniti durante il periodo del cosiddetto Proibizionismo (1920-1933) fu vietata la vendita di alcolici e nacquero quindi numerosi bar clandestini chiamati “speakeasy”. Il nome deriva da una barlady che zittiva i clienti rumorosi dicendo “Speak easy”, cioè “parla piano”, poiché c’era il rischio di essere scoperti e arrestati. L’alcol che giungeva di contrabbando in questi bar illegali era solitamente di pessima qualità, spesso prodotto in casa e per questo motivo la miscelazione per rendere i cocktail migliori era molto importante. Inoltre il gin e la vodka, poiché di più facile produzione, sostituirono il rum e il whisky come ingredienti primari dei cocktail. Fu proprio in questo periodo che i cocktail divennero molto più popolari di quanto non fossero prima.
5. Dal genever al gin: l’evoluzione dei cocktail
La maggior parte dei cocktail tradizionali a base di gin originariamente venivano preparati con il genever. Nella Bartenders Guide di Jerry Thomas, il primo ricettario di cocktail mai pubblicato (1862), si faceva infatti riferimento come ingrediente al “gin olandese”, cioè il genever. Durante la Prima Guerra Mondiale però la produzione di genever calò fortemente in quanto scarseggiavano i cereali necessari per la base alcolica e inoltre l’esportazione di genever negli USA cessò del tutto a causa del Proibizionismo e quindi questo ingrediente venne sostituito dal gin, di più facile reperibilità, e il genever venne quasi dimenticato al di fuori dei Paesi Bassi.