Siamo stati abituati negli ultimi decenni a vedere comparire prodotti “Premium” per ogni categoria di prodotto, compresi quelli che erano considerati spirits di massa. Ad un certo punto della fiera il consumatore più attento si era accorto che, dietro tanti proclami in etichetta, la maggior parte di questi prodotti era premium solo nel prezzo.
Mi spiego meglio: il prodotto veniva piazzato in una fascia di costo più alta rispetto ai competitor diretti (premium price), con un packaging curato maggiormente (ma non sempre) e una comunicaziona volta ad esaltare le superiori caratteristiche organolettiche dello stesso. Tuttavia in molti casi queste caratteristiche superiori sparivano in miscelazione e in casi piuttosto comuni non erano neppure riconoscibili negli assaggi alla cieca. Il caso più eclatante fu intorno agli anni 2000 quando comparvero le prime vodke “purissime”. Esatto, purissime! Per creare il valore aggiunto in un distillato le cui caratteristiche principali erano essere incolore, inodore ed insapore si iniziò a parlare di purezza. Inutile dire che fu un grande lavoro di comunicazione nella maggior parte dei casi mentre nei bar si vendevano drink comuni a prezzi gonfiatissimi.