Proviamolo ora nel terzo grande classico: il Negroni. Qui siamo al cospetto di un cocktail solido, senza sbavature, dove il gin non emerge e non soccombe di fronte ai due vigorosi compagni di viaggio: semplicemente ne completa il quadro. Consigliamo di scegliere Bitter e Vermouth di bassa gradazione per non “abbattere” il Malacca nel mix finale, mentre al posto della fetta d’arancia possiamo osare qualcosa di più con il pompelmo, capace di seguire con grazia le note morbide e leggermente speziate del nostro Tanqueray.
MORDACE
Nel Dry Martini le cose si fanno interessanti: qui abbiamo la sensazione di aver fatto centro, perché ogni tassello sembra andare nella giusta direzione. La moderata piccantezza emerge senza distogliere l’attenzione dalla visione complessiva, la rosa ben si sposa con il vermouth. Il bagaglio “culturale” di chi ha realizzato questo gin sembra emergere prepotentemente tutto in un colpo, con una portata alcolica adeguata e una complessità ben avvertita che coinvolge tutti i sensi. Lo abbiamo provato sia con l’oliva che con la scorza di limone: da preferirsi la prima soluzione.
CESELLATO
Le considerazioni finali su questo Gin sono piuttosto semplici: non si tratta di un “juniper forward” e sembra più incline ad esprimere le sue potenzialità nella miscelazione alternativa (per esempio nei “sour”) piuttosto che in quella tradizionale dei tre cocktail di cui sopra. La speziatura è presente, ma in maniera inferiore rispetto a quanto ci si aspettasse (soprattutto rispetto ad altri prodotti, leggasi Opihr Gin oppure Saffron Gin). Ciò che stupisce è invece l’equilibrio di fondo, l’eleganza e l’originalità dell’intreccio aromatico che il Malacca propone. Insomma, un prodotto adatto ai Bartender più estrosi che hanno voglia di sperimentare le loro creazioni utilizzando un Gin differente e atipico, equilibrato e un pizzico esotico.