Era assente, guardava di fronte a lei, gli occhi persi nel bianco dei ricordi, verso qualche pomeriggio dalla neve bicolore, il giallo del sole che la bagnava di luce da un lato e l’azzurro del cielo che la copriva d’ombra dall’altro. Chiuse gli occhi.
Improvvise gaie valanghe di risate la riportarono al tavolo, scoppiò a ridere anche lei. Aveva sempre le guance rosa, risaltavano sulla pelle pallida, il maglione sceso a metà spalla, la clavicola e il collo sottile di fuori. Ordinò un altro Ungava & Tonic al cameriere, nerboruto e giocondo inuit. Fuori la bufera si schiantava sui vetri, desiderosa di entrare e di aggiungersi alla compagnia. Dentro, il calore del riscaldamento e degli animi accesi, il tepore delle lampadine a incandescenza, la presenza di lei.
Apparentemente timida, piena, con il volto leggermente tondo, mi lanciò un’occhiata, decisa e ammiccante, come questo gin.