Storia e Distillazione

Il riso fa buon... sake!

Guido Poggia
June 28, 2024

Nuovo appuntamento curato dall'esperto Guido M. Poggia, founder The Barrel Way, sul Sake: ecco le varietà di riso per creare la bevanda giapponese

Eccoci a un nuovo appuntamento con il sake! Come annunciato la scorsa volta, oggi parleremo di riso che, assieme all’acqua, è l’unico ingrediente che non può mancare per produrre la bevanda nipponica. Ci sono alcune domande che nascono spontaneamente: tutto il riso va bene per produrre sake? Esistono tipologie specifiche? Come si sceglie un riso da sake?

In teoria il sake si può produrre anche con il normale riso da tavola (ippanmai, 一般米), ma questo non avviene: vi ricordate gli step produttivi? Il riso viene passato attraverso delle macchine che ne abradono la parte esterna “impura” per conservare solo il nucleo di amido del chicco. Nel riso comune questo “cuore” di puro amido (shinpaku, 心拍), è molto piccolo e questo è solo una degli aspetti che deve avere un buon riso da sake (sakamai 酒米 o, in “legalese” shuzokotekimai 酒造好適米). Esistono tipologie di riso con caratteristiche particolari, selezionate per ottenere un prodotto di qualità e per facilitare il processo di produzione, obiettivi difficili da raggiungere con il normale riso da tavola.

Vediamo le caratteristiche più importanti per un sakamai:

  • capacità del chicco di assorbire e di sciogliersi in acqua (perché si dissolva al meglio, lasciando il minor residuo possibile),
  • buona resistenza alla rottura (dovrà infatti resistere a dei processi di sfregamento),
  • ottimo rapporto tra il cuore di puro amido e la parte esterna impura.

Il riso comune è più impuro e va processato a lungo, quindi aumentano i costi di produzione e la parte scartata, inoltre è più ricco di proteine e lipidi che in fermentazione possono dare effetti sgradevoli. Se non è resistente rischia di sgretolarsi durante la lavorazione (ancora più spreco). Anche la forma è importante: il riso da sake è in genere più sferico rispetto al riso da tavola, perché le parti allungate esterne, lontane dal cuore, contengono solo impurezze e vanno tolte.

Il riso da sake non ha solo vantaggi, anzi, le piante sono più grandi in media di quelle del riso da tavola e quindi occupano più spazio (e il Giappone non è famoso per le grandi distese verdi), richiedono più nutrienti e più cure, i chicchi sono in media più pesanti e infine, per avere una buona resa produttiva, la densità di impianto deve essere bassa. Coltivare riso da sake è molto più difficile e costoso (dal doppio al triplo rispetto al riso da tavola comune), ma i vantaggi in produzione e le caratteristiche del prodotto finale compensano costi e sforzi.

Lo studio e la ricerca di tipi di riso con le giuste caratteristiche hanno richiesto decenni, e sono in continua evoluzione. Esistono attualmente oltre un centinaio di varietà di sakamai. Quella oggi più utilizzata è Yamada Nishiki (山田錦), ottenuta nel primo ventennio del ‘900 e coltivata soprattutto nella prefettura di Hyōgo. È  caratterizzata da chicchi grossi e ricchi di amido. Usata soprattutto per produrre sake di qualità, spesso ginjō o superiore, riesce a donare al prodotto finale una gradevole componente aromatica fruttata e floreale.

Altre tipologie importanti sono:

  • Goyakuman-Goku (五百万石, della prefettura di Niigata),
  • Miyama Nishiki (美山錦, di Nagano),
  • Hattan Nishiki (八反錦, di Hiroshima),
  • Dewa San San (出羽燦々, di Yamagata),
  • Omachi (雄町, di Okayama),
  • Ginpu (吟風, dell’Hokkaido).

Il Goyakuman-Goku è il secondo sakamai prodotto in Giappone per volume: incrocio creato nel 1957, crea sake freschi e leggeri. Infatti, la varietà di riso non influenza soltanto l’aspetto tecnico della produzione, ma anche le caratteristiche organolettiche del prodotto finale.

Attenzione: difficilmente si riconosce una varietà di riso dall’assaggio di un sake, perché la materia prima è molto meno distinguibile rispetto a quella di altri prodotti che siamo abituati a degustare (come ad esempio il vino). Gli aromi del sake dipendono molto dal processo produttivo e dai lieviti utilizzati in fermentazione, certo è che anche il riso ha una influenza sul prodotto finale e questo è particolarmente vero per certe varietà. Ad esempio, i sake ottenuti da Dewa San San sono generalmente tendenti al dolce, mentre quelli realizzati da Hattan Nishiki presentano note terrose, che compaioni anche in sake ottenuti da Omachi per la forte sensazione di umami che riesce a donare. Il Miyama Nishiki tende a conferire sentori di cereali, la sua caratteristica di elezione però è un’altra: originario del nord del Giappone, è una delle varietà di elezione per i climi freddi.

 

Eccoci al termine di questo breve ma intenso approfondimento sul riso da sake: l’argomento è ben più vasto, ma come introduzione penso possa bastare. La prossima volta andremo ad esaminare un altro aspetto che influenza notevolmente i sentori che ritroviamo nel nostro bicchiere di sake: l’uso di lieviti in produzione. A presto!

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