4. Nomi che suonano simili ad altri. Guai a chiamare il vostro gin, per esempio, Hendry. A parte la questione della liceità dal punto di vista legale, sappiate che, anche se il vostro cognome fosse Hendry e aveste un buon motivo per chiamare così il vostro gin, vi sottoporreste a un inutile paragone. Se poi lo chiamaste Bomba avreste contravvenuto in un colpo solo alla terza e alla quarta regola. Non fatelo!
5. Nomi impronunciabili (nella vostra o in altre lingue). È vero che, se siete al primo batch di gin non penserete mai al lancio sul mercato internazionale, ma nella vita non si sa mai e se il vostro è un gin particolarmente buono certamente merita che sogniate in grande. Per questo, se sceglierete di dare un nome in italiano cercate evitare le sillabe impronunciabili soprattutto in inglese. Così, anche se avete fatto un delicatissimo Sloe Gin con le prugne dell’orto della nonna, guai a voi a chiamarlo Prugna. Viceversa, se scegliete un nome in inglese, che in questo caso ha un senso, considerando che il gin è uno spirit dal fascino anglosassone, evitate nomi dalla difficile pronuncia. Per fare l’immancabile esempio, che anche se non è un gin chi traffica con i cocktail conosce benissimo, pensate all’innominabile Worchester Sauce, quella che si mette nel Bloody Mary (anche se noi preferiamo il Red Snapper che ha il gin): sappiate che, anche se l’avete sentito chiamare “uorcester” molte volte, non si pronuncia affatto così, bensì “uoster”.