Non tutto il riso va bene, di norma si usa il sakamai (酒米), termine generico per il “riso da sake”, che si divide a sua volta in numerose tipologie. La caratteristica base del sakamai è di avere un buon contenuto di amido puro all’interno del chicco (nel cuore, o shinpaku, 心拍) rispetto alla parte più esterna ed impura, che viene molata in macchine apposite per essere eliminata: è l’amido infatti che in fermentazione darà i sentori gradevoli che il produttore vuole ottenere nella bevanda finale. Tutto il resto deve essere scartato.
Più la parte esterna del chicco viene tolta, più il sake sarà fine (più i tempi di lavorazione saranno lunghi e costosi e, leggi tra le righe, la bottiglia sarà cara). Esiste un indice, detto seimaibuai (精米歩合) che rappresenta la % di chicco ancora presente dopo la lavorazione. Un seimaibuai del 60% indica che il 40% del chicco esterno è stato polverizzato.
Seguiteci la prossima settimana per scoprire le classificazioni del Sake!