Curiosità

Strumenti per il bartending: strainer, storia e usi

Paolo Topa
December 23, 2019

Il nostro Giner Paolo Topa ci racconta la storia, gli usi e le diverse tipologie di un'oggetto fondamentale del bartending: lo strainer

Ci sono strumenti da bartending che non possono mancare a casa di un appassionato e tra i più importanti ed efficaci c’è senza alcun dubbio lo strainer. Si stratta di un semplice filtro? Di una specie di colino? Potete denigrarlo o sminuirne le doti quanto volete, sappiate solo che senza di lui la maggior parte dei cocktail sarebbero difficilissimi da realizzare e quindi… da gustare!

Ma andiamo con ordine: lo strainer è semplicemente lo strumento grazie al quale il ghiaccio viene trattenuto all’interno del Mixer Glass (o dello Shaker) al fine di evitare che questi finisca nel bicchiere del vostro drink. Detto così sembra piuttosto banale, ma questo assunto si lega al fatto che il ghiaccio svolge la funzione primaria di raffreddare un cocktail e solo talvolta (quando previsto) di diluirlo nel bicchiere: da qui l’esigenza fondamentale di “escluderlo” in un colpo solo dal nostro cocktail per evitare un annacquamento non voluto.

Strainer: per escludere il ghiaccio

Il primissimo esemplare di strainer comparso sul mercato è stato il Julep Strainer che, osservato senza grosse attenzioni, non pare altro che un grande cucchiaio a forma di scolapasta. La sua diffusione è legata al passato più che al presente, in quanto attualmente ci sono strumenti certamente più funzionali ed efficaci. Il Julep Strainer mantiene comunque un certo fascino vintage: difficile trovarlo tra le mani di un moderno mixologist in un bar affollato (se non si sta più che attenti è possibile che scivoli dalle mani, oltre all’ulteriore difetto riguardante le tempistiche di filtraggio) ma è ancora utilizzato in certi contesti meno frenetici, dove è possibile lavorare con più calma e maggiore attenzione.

Julep Strainer (Foto: Paolo Topa)

Ma parliamoci chiaro: la vera svolta è arrivata con l’avvento dello Strainer Hawthorne. Probabilmente fino a oggi pensavate che fosse l’unico esistente, il solo che avete visto utilizzare dietro un bancone per la preparazione del vostro Martini preferito. Si tratta infatti dello strainer che ha praticamente monopolizzato l’intero mercato, cancellando di fatto l’utilizzo del Julep, rimasto ormai confinato in una ristretta nicchia di mercato. Rispetto a quest’ultimo la funzione è la medesima, ma la vera rivoluzione sta nel fatto che sul bordo del filtro è stata applicata una molla di acciaio in grado di adattarsi in maniera automatica e perfetta a tutte le circonferenze dei bicchieri, qualsiasi essi siano. In questo modo la presa si è fatta più sicura, i problemi di stabilità nelle operazioni sono scomparsi e il meccanismo di filtraggio è diventato più rapido in quanto la superficie “libera” dalla quale far defluire il drink è aumentata notevolmente. Semplice, immediato, sicuro: tre caratteristiche che ne hanno decretato il successo facendolo diventare semplicemente “the strainer”, lasciando così il termine Hawthorne a memoria storica del bar in cui è stato inventato.

Hawthorne Strainer (Foto: Paolo Topa)

Il vostro cocktail necessita della tecnica “double strain”? Niente paura, esiste un terzo tipo di filtro capace di venirvi in soccorso. È possibile infatti che da una preparazione sia necessario non soltanto filtrare il ghiaccio, ma anche trattenere impurità, spezie o foglie che non devono finire nel bicchiere. Le due tipologie di strainer di cui abbiamo parlato non sono adatte a questo scopo e quindi deve essere utilizzato un Fine Mesh Strainer (un filtro a maglie strette) che deve essere posizionato dopo il primo livello di filtraggio. Attenzione però: in questo caso è possibile che la circonferenza del bicchiere sia minore rispetto a quella del Mesh Strainer, quindi bisogna operare molto lentamente per far sì che il nostro drink finisca tutto nel bicchiere!

Double Strain (Foto: Paolo Topa)

Un’ultima domanda: è possibile fare a meno di uno strainer? Certo che sì: c’è una tecnica chiamata “breaking the shaker” che può essere adottata con il Boston Shaker e che si basa sull’abilità tecnica del bartender nel gestire in maniera versatile questo attrezzo. In questo caso il professionista utilizza la parte superiore dello shaker come una vera e propria “barriera” per il ghiaccio realizzando un filtraggio, in verità con una destrezza non da tutti, come se avesse a disposizione un vero e proprio strainer. Mettetevi alla prova anche con questa tecnica, ma state attenti… è più difficile di quello che si pensi!

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