Giner

Portobello Road N. 171 Gin: la bellezza della naturalezza

Flavio Orlando
January 3, 2018

Quali emozioni è in grado di regalarci un gin? Lo racconta Flavio Orlando con la sua narrazione unica di Portobello Road N. 171 Gin

“Sono stanchissima…” La ragazza aveva il viso rivolto verso l’alto, gli occhi chiusi, il corpo abbandonato sull’ampia e bassa poltrona rossa. Un sorriso soddisfatto le rallegrava il volto. Alla sua destra un piccolo tavolino di legno scuro, una lampada dalla luce calda, un Portobello Road No. 171 & Tonic scintillante nel bicchiere trasparente. Un barrito lontano di Mary, l’elefantessa del circo, la fece sorridere ancora di più.

“La bellezza della naturalezza, così profonda da nascondere la fatica che c’è dietro.”

“Alice complimenti, come sempre.” Il clown aveva infilato la testa nella tenda pesante che divideva la stanza della trapezista con il resto del circo. Le lanciò un bacio e scomparve di nuovo.

La ragazza portò il bicchiere alle labbra e bevve un sorso profondo. “È così perfettamente equilibrato da sembrare la cosa più naturale del mondo.” Il ghiaccio si spaccò scoppiettando come i cannoni di coriandoli dello spettacolo.

Illustrazione di Flavio Orlando

Era l’inizio di ogni show del loro circo; le luci scendevano, il pubblico smetteva di parlare e attendeva, un tamburo rullava militarmente, poi il silenzio. Il tempo cadenzato dall’attesa, la sospensione del “chissà che accadrà”. Poi l’esplosione, le luci si accendevano, una pioggia di centinaia di migliaia di coriandoli dai colori metallizzati illuminava come gemme colorate quell’immenso tendone. E via la parata, la festa nazionale della follia e dell’allegria. Il presentatore in testa, baffi mefistofelici, sorriso smagliante, una tuba lunga un metro e un frac elegantissimo, poi il capo clown Ivano, bombetta e ricci dorati, trucco come vuole tradizione, vestiti assurdi colorati e senza senso (un po’ come nella sua vita privata), bellissimo. E poi il resto della squadra, tanto le persone quanto i denti perennemente in mostra, le braccia aperte verso l’alto, i suoni delle trombette, dei piatti di ottone, dei fischietti, dei tamburi, le grida, gli urli, gli “Ecco a voi!”, gli applausi e i sospiri di paura. Proprio questi ultimi due erano gli ingredienti che accompagnavano gli spettacoli di Alice.

Illustrazione di Flavio Orlando

I sospiri di paura e gli applausi. Mentre la giovane saliva i pioli del grande palo verso il trampolino di lancio il pubblico attendeva silenzioso, alcuni irrigiditi, altri inquieti, qualcuno divertito. Dalla cima lei vedeva solo masse confuse di teste, sentiva la voce tuonante del presentatore che chiamava gli astanti a concentrarsi sulle mirabolanti doti di trapezista della piccola Alice, la luce del circo, la punta di diamante dell’acrobazia contemporanea, la più grande unica e inimitabile!

Selve di corde, diagonali di funi. Sembrava potesse toccare il tetto del mondo allungando semplicemente il braccio. La tuta con le paillette scintillava di fronte al faro bollente puntato su di lei. In mano teneva il trapezio, suo unico e vero compagno.

Rullo di tamburi, la tensione si poteva vedere. L’ultimo colpo, il suono del piatto ed Alice si butta nel vuoto. Un sospiro generale di paura, la forza di gravità che vuole rubare la trapezista al suo strumento. Invece eccola che volteggia leggiadra nell’aria, le capriole, le piroette, gli urli di gioia, gli applausi, quell’equilibro che a vederlo sembra così semplice perché naturale, ma frutto di grande lavoro. La bellezza della naturalezza, così profonda da nascondere la fatica che c’è dietro.

Riaprì gli occhi soddisfatta, bevve un altro sorso, guardò il bicchiere, “proprio come questo gin.”

 

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