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Sake: le principali tipologie

Guido Poggia
December 20, 2023

Un nuovo appuntamento col nostro esperto Guido M. Poggia per scoprire tutti i segreti del sake, la bevanda nazionale giapponese

Eccoci ad un nuovo appuntamento con la bevanda più famosa del Sol Levante! Nello scorso articolo abbiamo visto come il sake viene prodotto. Ho accennato al fatto che non tutti i passaggi siano in effetti obbligatori e che spesso vengono eseguiti o meno anche in base allo stile si sake che si vuole ottenere. Ecco un elenco delle principali tipologie di sake ottenute tramite modifiche al processo produttivo! Iniziamo!

Genshu (原酒)

Come abbiamo visto, il sake viene in genere diluito prima di essere imbottigliato. Non è obbligatorio farlo: quando questo passaggio viene saltato si ottiene il genshu. In genere più forte e rustico del sake “normale”, questa scelta di stile è di norma incompatibile con le tipologie speciali di sake, che ricercano invece finezza di corpo ed aromi. Attenzione però! Solo “di norma”! Non è detto che un genshu debba per forza avere un’elevata “troppo” alcol e sentori grossolani: il livello alcolico può essere abbassato sì per diluizione, ma anche interrompendo la fermentazione prima che gli zuccheri si convertano totalmente in alcol. Si hanno così genshu più leggeri (intorno al 13% di alcol), fini e adatti a categorie superiori, persino daiginjō, anche se di norma più dolci al palato.

Nigorizake (濁り酒)

La filtrazione è un passaggio ormai canonico, ma non certo obbligatorio. Quando si sceglie di non filtrare, si ottiene un sake quasi lattiginoso, torbito, con particelle di riso non completamente disciolto, ancora presenti in sospensione. Il nigorizake è più delicato del sake normale soprattutto in fase di conservazione: le particelle di riso potrebbero ammassarsi e rovinare la qualità del prodotto. Anche al gusto troviamo qualche differenza: più dolce e generalmente più fruttato e delicato anche al palato, è spesso ritenuto un ottimo sake da dessert.

Nota a margine: spesso viene definito “sake nuvoloso” come se il termine nigori avesse a che fare con le nuvole. Sarebbe bello ma purtroppo non è così. In inglese in effetti è tradotto anche come “cloudy” e da qui il fraintendimento. In giapponese però nigori significa solo “torbido”, “impuro”, “fangoso”, e rientra solo in composti come “acqua fangosa”, “inquinamento”, “intorbidire”… tutti vocaboli che non le nuvolette in cielo non hanno a che fare!

Namazake (生酒)

Il sake viene pastorizzato per ben due volte. Oppure no! Se subisce entrambe le pastorizzazioni, il sake viene definito hire (ひれ), termine che non compare in etichetta, essendo la norma. Altrimenti si ha una delle tre tipologie nama (生, “crudo”):

  • nama-chozo (生貯蔵): niente prima pastorizzaziono, solo la seconda
  • nama-zume (生詰め): no seconda pastorizzazione, solo la prima
  • nama-nama (生生): totalmente non pastorizzato

Il sake nama-nama è ritenuto di qualità più alta (anche rispetto al sake normale). Il problema: la stabilità altalenante, che potrebbe compromettere il prodotto finale. Le altre due categorie sono di livello e stabilità intermedie. Vengono realizzate quando si vuole mantenere una forte impronta personale ma anche un alto livello qualitativo, assieme a un maggior controllo sulla stabilità del prodotto.

Muroka nama genshu (無濾過生原酒)

Letteralmente “non pastorizzato, non filtrato, non diluito”, è un sake talmente non lavorato che è paragonabile al liquido che si trova nella vasca del moromi a fine fermentazione. Sono sake in genere corposi ed intensi.

Happōshu (発泡酒)

Anche chiamato all’inglese sparkling sake, è il sake “con le bollicine”. Non essendo un prodotto della tradizione non ha un vero e proprio nome giapponese, ma è indicato con un termine inglese. Può essere ottenuto in due modi:

  • Fermando la fermentazione prima del 10% in alcool (spesso molto prima, intorno al 5%). Una volta imbottigliato, lo zucchero residuo rifermenta e produce anidride carbonica, rendendo il sake frizzante.
  • Aggiungendo anidride carbonica dopo la filtrazione (soprattutto per sake di bassa qualità).

Taruzake (樽酒)

Il nome di questa tipologia deriva dalle botti (taru, 樽) di legno di cedro giapponese che venivano tradizionalmente impiegate per trasportare il sake. Oggi il metodo di trasporto è cambiato, ma il sake può ancora essere affinato in legno per “smussare gli spigoli”, (soprattutto per quei sake un po’ troppo rustici). L’affinamento in botte non viene di norma utilizzato per sake di qualità superiore: i sentori di legno sarebbero troppo invasivi, andando a coprire ogni aroma gentile naturalmente presente nel sake.

Koshu (古酒) e Jukusei-Shu (熟成酒)

Jukusei (熟成) è il termine generico usato per indicare l’invecchiamento del sake. Jukusei-jhu (熟成酒) indica un sake invecchiato per almeno due anni. Il sake affinato fino a 3 anni viene indicato in genere col termine Chouki Jukusei-Shu (長期熟成酒). Dopo i 3 anni viene definito koshu (古酒), anche se sovente questa categoria supera i 5 anni di invecchiamento.

Kijōshu (貴醸酒)

Sake da dessert, normalmente invecchiato. Al palato risulta spesso corposo, quasi viscoso e dolce, come i grandi vini da dessert passiti, che ne hanno infatti ispirato la creazione. Il kijōshu si ottiene con una procedura detta shiori (しおり) sostituendo parzialmente l’acqua aggiunta al moromi con sake junmai in modo che i lieviti, con un più alto livello di alcol presente ad inizio fermentazione, non riescano a convertire totalmente gli zuccheri in alcol, portando ad un prematuro arresto della fermentazione.

Kassei Nigori (活性濁り)

La traduzione letterale è “nigori attivo” (“attivo” nel senso chimico del termine alla “carbone attivo”). Tipo di nigorizake che, non subendo pastorizzazione, rifermenta in bottiglia, con conseguente formazione di bollicine pur mantenendo la caratteristica torbidità del nigori. In pratica, un nigori frizzante.

 

Abbiamo finito qui? Per questo articolo sì, in realtà però si potrebbero citare altre tipologie, come l’origarami (滓搦み), simile al nigori ma con particelle in sospensione più fini, o i sake rossi, resi così dall’uso di un particolare tipo di kōji, o lieviti, o cenere rossa, o riso rosso… ecco, magari prossimamente parleremo delle diverse varietà di riso e di quale sia la reale differenza tra un riso “normale” e uno “da sake”. Alla prossima!

Leggi qui tutti i nostri approfondimenti sul sake

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