Le varie specie di iris, originarie dell’Asia minore e bene acclimatate in Europa nelle regioni collinari, sono largamente coltivate sia a scopo ornamentale sia alimentare e medicinale e vengono chiamate indistintamente giaggioli.
Cos'è la radice di iris -o giaggiolo? E perché è presente in quasi tutti i gin? Ce lo spiega Federisco Cremasco nel terzo episodio di Jerbario...
Le varie specie di iris, originarie dell’Asia minore e bene acclimatate in Europa nelle regioni collinari, sono largamente coltivate sia a scopo ornamentale sia alimentare e medicinale e vengono chiamate indistintamente giaggioli.
Sapete perché la radice di giaggiolo è presente in quasi tutti i gin?
Varie specie di iris sono comunemente chiamate giaggioli e tra questi i più diffusi sono l’Iris florentina L., l’Iris pallida Lamm. e l’Iris sibirrica L. che è tipica delle zone montane.
Il giaggiolo è pianta erbacea, perenne con uno scapo alto, liscio portante, all’ascella di 2 brattee a spata, grandi fiori di colore azzurro-violaceo che si aprono in 6 tepali; tre esterni incurvati all’infuori e tre interni eretti e in alto leggermente incurvati in dentro.
Le foglie sessili e appuntite hanno nervature parallele e arrivano all’altezza di 50 cm. Il rizoma è grosso, strisciante, breve, provvisto inferiormente di numerose radichette e segnato superiormente dalle cicatrici degli scapi degli anni precedenti.
Le prime notizie sulla coltivazione risalgono alla metà dell’Ottocento; verso la fine di questo secolo la superficie inToscana superava i 400 ha. Rinomato era il prodotto della zona del Chianti. Dopo un ulteriore e cospicuo incremento del Novecento, la superficie è andata continuamente regredendo, fino ad oscillare attualmente tra 70 e 100 ha.
La medicina antica impiegò la radice di giaggiolo come purgante, ma in tempi più recenti è stata estratta dal rizoma una sostanza chiamata irone. Si tratta di un olio essenziale dal caratteristico profumo di violetta che entrò a far parte, come correttivo, in moltissime preparazioni farmaceutiche e non ultimi i dentifrici.
Nelle vecchie spezierie inoltre si preparavano i cosiddetti piselli di Parigi che erano delle pallottoline di rizoma imbevute di sostanze vescicatorie il cui scopo era quello di curare le ferite mantenendole aperte in modo che si “purgassero”.
Il giaggiolo era ben noto fin dall’antichità con il nome di “giglio celeste”, spesso utilizzato in cerimonie religiose. Da esso si ottenevano pregevoli profumi e divenne fonte di cospicua attività commerciale nella preparazione di ciprie, esportate in tutta Europa.
I principi attivi del giaggiolo sono contenuti nel rizoma (radice). Quando sono freschi i rizomi sono privi di odore ed hanno un sapore acre, gli ironi che conferiscono il caratteristico odore fragrante di violetta iniziano a formarsi dopo 4-6 mesi dalla raccolta, raggiungendo la massima concentrazione in circa due anni. Lo sviluppo dei costituenti odorosi è dovuto alla decomposizione cui vanno incontro gli eterosidi durante la conservazione.
L’estrazione del principio profumato può essere fatta mediante distillazione in corrente di vapore o mediante solvente; con la tecnica dell’enfleurage. Nella distillazione il rizoma prima viene triturato e poi macerato in acqua calda con l’aggiunta minima di acido solforico per favorire l’idrolisi dell’amido. L’olio essenziale per la sua consistenza comunemente è chiamato “burro di iris” o “concreta di iris”; si presenta come massa solida di colore giallo-avorio, per l’elevato contenuto prodi acidi grassi , in prevalenza acido miristico.
Oltre all’olio essenziale, nel giaggiolo vi è anche un composto glucosidico di natura flavonoidica chiamato iridina. Quest’ultimo principio attivo eserciterebbe un’azione colagoga e purgante. L’olio essenziale invece eserciterebbe un’azione topica rube-facente. La polvere e l’essenza del giaggiolo da tempo trovano largo impiego in profumeria per la preparazione di una serie di prodotti cosmetici, come ciprie, dentifrici, saponi. Per le sue caratteristiche il profumo si amalgama bene con le altre essenze. Esse sono inoltre impiegate nelle preparazioni di alcuni vini e liquori.
La radice di giaggiolo viene utilizzata per i profumi e negli alcolici sin dagli Antichi Greci e Romani. Il motivo non è tanto legato al suo profumo quanto al fatto che essa ha il potere di “fissare” gli altri odori, cioè di renderli molto meno volatili. Questo effetto, dovuto all’irone già menzionato, si attiva solamente dopo un’essicazione del rizoma di almeno un paio d’anni. Ed è proprio per questa proprietà che la radice di giaggiolo è utilizzata in quasi tutti i gin del mondo: per fissare gli aromi delle altre botaniche più che per il suo aroma.
Il cocktail di Teo Peschechera
E per concludere… un cocktail con l’Iris firmato Teo Peschechera!
Il cocktail è una rivisitazione del classico Old-Fashioned, modificato creando un infuso istantaneo, utilizzando il mortaio, di iris e rose con un gin al pompelmo.
Ingredienti:
Procedimento: In un mortaio inserire i fiori e il gin al pompelmo e imprimere abbastanza forza col pestello da estrarre le essenze dei fiori essiccati e lasciare in infusione.
In un mixing glass mettere la zolletta di zucchero e aggiungervi il gin aromatizzato filtrandolo dai residui dei petali; aggiungere due cubi di ghiaccio e, mischiando con un cucchiaio, sciogliere lo zucchero (man mano che il ghiaccio si scioglie, lo zucchero si unirà al gin.
Poi aggiungere il gin secco e miscelare il tutto col cucchiaio aggiungendo qualche cubo di ghiaccio ogni qual volta che il livello del drink supera il ghiaccio fino al triplicare del volume totale. Fatto questo filtrare il tutto in un bicchiere precedentemente raffreddato facendo passare il drink in un infusiera contenente petali di iris posta nel bicchiere. Infine decorare con l’infusiera e un bocciolo di rosa.
Teo Peschechera inizia la sua carriera come barista nel locale di sua madre, dove la necessità di emergere e distinguersi lo ha portato ad approfondire le sue conoscenze in questo settore. La passione per i distillati, in particolar modo il whisky, lo ha spinto alla ricerca di prodotti sempre nuovi e innovativi. Con questa filosofia ha poi aperto a Grado il suo Seti Cafè: un locale dove si dà priorità alla qualità delle singole parti che compongono il drink piuttosto che al suo aspetto, preferendo un’accurata selezione degli ingredienti alle guarnizioni eccessive.
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