Daniel Osborne, il bar manager dell’Abigail Hall, prepara in gran quantità i drink ore prima dell’apertura. Diluisce i miscelati per mimare la diluizione del ghiaccio e poi conserva i cocktail pronti in freezer. Nel caso questa aggiunta di acqua faccia ghiacciare leggermente il preparato, dice che basta dare una scossata veloce alla bottiglia ed è tutto risolto. A sua detta questo procedimento comporta tre vantaggi fondamentali: innanzitutto il cocktail risulterà sempre bello freddo, perché a volte il Martini non viene servito alla giusta temperatura; in secondo luogo si velocizzano notevolmente i tempi dietro il balcone e infine si ha la certezza di avere costanza nella qualità del drink anche quando cambia la mano del bartender.
Ovviamente di fronte a una notizia del genere non sono mancate le critiche. Diversi esperti del mondo del bar hanno argomentato che quello che viene a mancare principalmente è il servizio e il consumatore, quando paga per un drink, si aspetta normalmente un servizio di un certo tipo da parte del bartender. E’ stato detto che il cocktail perde di personalità e un consumatore potrebbe anche sentirsi derubato vedendosi servire il Martini da una bottiglia. Si perde la gioia, il cuore, l’anima, elementi essenziali secondo alcuni puristi del cocktail: essenziali al punto che l’efficienza e la qualità anche di fronte a un bartender non esperto non bastano a compensare questa mancanza. Soprattutto il Martini, dicono alcuni, è un drink molto personale, dove la mano del bartender e il gusto del cliente contano moltissimo. A questa critica, Tyson Buhler, bar manager del Death & Co Denver e di Lost Hours, ribatte che il fatto che nel menù ci siano cocktail pre-fatti, non significa che un cliente non possa chiedere un drink personalizzato, una specifica variante del Martini o altro.
Sicuramente l’argomento è spinoso e solo il futuro ci dirà in quale direzione la maggior parte dei consumatori preferiranno andare. Voi cosa ne pensate?
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