In base alle statistiche della NTA, il consumo di alcol in Giappone è sceso dai 100 litri pro-capite del 1995, ai 75 litri nell’anno fiscale 2020, provocando il maggior declino delle entrate fiscali in oltre 30 anni. Una raccolta, quella del governo sui produttori di alcool, che si aggirava intorno al 5% del totale nel 1980 e che adesso si assesta all1,7%, secondo un’indagine del Japan Times. Troppo poco per un Paese che ha un deficit di bilancio cronico e un debito pubblico equivalente a più del doppio del prodotto interno lordo.
L’agenzia ha dichiarato al giornale che lavorare da casa per via dell’emergenza Covid-19 ha spinto molte persone a mettere in questione la necessità di farsi una bevuta coi colleghi per stringere i rapporti. Se questa idea dovesse mettere radici sarebbe un bel problema per gli incassi statali provenienti dalle tasse sull’alcol. Anche il consumo di birra è sceso significativamente, con volumi di vendita scesi del 20%, come confermano anche i dati rilasciati dal produttore Kirin.
Da un punto di vista etico si potrebbe mettere in dubbio la scelta del governo giapponese e anche il ministero della sanità del paese ha dichiarato che spera che la campagna si preoccupi anche di specificare di bere “solo una quantità appropriata di alcol.” Sicuramente la discussione è infatti aperta e mette in luce aspetti molto difficili nel nostro settore, che riguardano i rapporti con i governi, le leggi e la questione sanitaria.
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