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Sopravvivere alla sbronza dell’innovazione

Marco Bertoncini
August 5, 2023

È qualche anno che ho un non ben definito malessere generale verso tutto quello che gira intorno al mondo dei locali nella sterminata segmentazione di tutto quello che offre un servizio di ristoro per gli avventori.

Ho chiesto a ChatGpt 20, 40, 100 e 200 sinonimi di bar e non ha avuto problemi, provate per credere.
La colpa è evidentemente mia, non riesco a stare al passo.

Andare al bar è anacronistico e sempre più difficile perché sono sempre meno: chi mai si sognerebbe di aprire un bar quando può scegliere di essere un lounge-signature-speakeasy-secret-gastro-fusion.
Scegliere dove andare a cena è una presa di posizione, andare in un locale notturno una battaglia persa, nella migliore delle ipotesi sei aggiornato sulle tendenze del giorno prima e lo capisci dalla faccia del barman che ti serve con uno sguardo tra il compassionevole e lo schifato.
Sfigato, la sferificazione nello Spray Bubble Martini non si fa più da tempo, come osi?
Uscire di casa è una questione di reputazione, per tutto il resto Just Eat è il nostro guilty pleasure.
Scegli, ordini e mangi quello che vuoi senza rendere conto a nessuno, in mutande sperando che il rider sia un indiano e non il tipo del posto che conosci: Scusa ma stavo facendo il cambio armadio e sai com’è…quando invece eri già pronto ad un paternale: sesto piano scala A, seeesttoo piaano scala A, a destra, sesto pianoooo, sei, sesto,destra…e poi sai che risuonerà il campanello.

E prima o poi un pensiero ti passa per la testa, ma se fossi dall’altra parte? Voglio aprire il mio locale e i conti tornano al volo.

Soldi, successo e notorietà! ma perché non ci ho pensato prima!! Ho anche il nome…” L’Avvocato Pentito” …spacca.

Ok iniziamo… la cartoleria all’angolo perfetta, sta vendendo, Fra fa l’architetto e ci sta, Matteo ci mette la grana, Roby segue i social e prendiamo Carlos dal Fanatic che è un gran barman e solo prodotti top, facciamo una cosa strafiga.

Grande inaugurazione, luci della ribalta e poi inizia la dura realtà.

Conti che non tornano, fatica non prevista, notorietà che svanisce e tentativi disperati per tornare a stupire.

Tralasciando le basi dell’imprenditoria che valgono, evidentemente (o forse no?!), anche per chi apre un locale (ovvero, tra le altre, un modello di business sostenibile, una pianificazione dei risultati, un piano di investimenti e un controllo di gestione…), sempre più spesso la principale è di essere il più fico di tutti ed evidentemente uno su mille ce la fa.

La sfida al podio è per probabilità persa in partenza, di posto ce n’è poco. 

E purtroppo il malcapitato non ha fatto altro che seguire una strada già scritta e proposta come unica percorribile, obbligata.

Ho recentemente letto un articolo di Spirito Autoctono che commentava a sua volta un approfondimento di Foodzilla, con un’intervista a Leuci sul mondo dei locali e ho tirato un sospiro di sollievo: qualcuno capisce il mio malessere!! (riga 1)

Una digressione su come è cambiato il mondo della ristorazione e dei locali negli ultimi anni, con un focus sui cocktail bar, sul ruolo che hanno avuto i veri protagonisti della rivoluzione e sull’influenza che hanno avuto, invece, i narratori.

Dietro al banco tanta ricerca, approfondimento e studio di quello che è stato in passato per trovare nuovi stimoli e riproporre una nuova frontiera della miscelazione, supportata da sperimentazione, tecniche innovative e attrezzature all’avanguardia.

Tutto rendicontato, classificato e valutato.

In un clima di rivoluzione, l’anticonformismo è stato il mantra e man mano la ricerca ha abdicato sull’innovazione incontrollata, che ha così assunto il ruolo principale.
Pian piano la stranezza e la novità sono diventate più notiziabili della sostanza,
l’importante era quindi diventato l’esserci, lo stare nel loop, l’ambire all’estremo.

Questo modello fatto di esempi da seguire, penne da soddisfare e ranking da riempire è diventato una religione e spesso ha tolto l’attenzione dagli obiettivi principali del mestiere: fare stare bene il proprio cliente e portare a casa la pagnotta.

Una delle prime cose che ho imparato dietro al banco del bar di mia zia, avevo 12 anni credo, è stato come mettere il cucchiaino sul piattino del caffè, istintivamente lo mettevo con il manico verso di me.

La seconda, che non dimenticherò, è la risposta che il Maestro Mauro Lotti mi ha dato ad una domanda che per me aveva una sola risposta (quella sbagliata), forse dopo un paio d’anni che avevo iniziato a stare dietro il banco per davvero.

“Mauro, ma se un cliente ti chiede un Louis XIII  e Coca-Cola cosa fai?”

“Glielo preparo con particolare attenzione perché di sicuro è un buon cliente”
“Ma come fai a rovinare un Louis XIII con la Coca-Cola?? Invecchia in botti di rovere nano per dodici solstizi, lo imbottigliano sottovuoto e lo tappano le marmotte”

“Infatti lo beve lui, non tu”.

L’illuminazione, un messaggio chiaro e semplice scritto a caratteri cubitali sulla mia mascella che si trascinava per terra:  non hai capito una beneamata ceppa del tuo lavoro!

E la ragione è che in questo mestiere, quello che sicuramente deve stare bene è chi sta dall’altra parte del bancone e questo è un dato di fatto anche se ultimamente non sembra più essere una priorità.
Chi sceglie se un locale è ok o no sono gli altri locali ok, se sbagli finisci sul Cocktail di merda, poi lasciamo stare se confessi che ti piace il Gin Tonic.

Ma almeno è un London Dry o è fatto con le polverine?

Sguinzagliate i cani.

A questo punto il mio malessere (riga 1) ha assunto le sembianze  di un personaggio di Zerocalcare, una musa vestita come mia zia con la faccia di Lotti “Ti sei messo in un bel casino mio caro nonnetto, i tempi sono cambiati e tu non vuoi fartene una ragione, dove vuoi arrivare con questi discorsi?”.

È tutto vero! 

Questi anni di fermento culturale saranno ricordati nella storia per aver ribaltato i canoni di mediocrità dei 20 anni precedenti, ma, d’altra parte, anche come i più difficili per tutti in questo settore.
Tralasciando il periodo Covid, secondo i dati FIPE chiudono 5000 bar all’anno (2018-2019-2022), la redditività è ai minimi storici, il cliente è all’ultimo posto e per le imprese della ristorazione non c’è spazio per la classe media.

Olimpo o low cost (7/11 o Paki, come li chiamiamo a Bologna).

Adesso che tanto lavoro è stato fatto bisogna costruire sul patrimonio culturale che è tornato alla luce, creando opportunità, nuove idee, nuove professioni e soprattutto lasciando spazio agli outsider, che sono stati e saranno sempre gli eroi delle rivoluzioni, come lo fu il Jerry Thomas anni fa.

Il ruolo di chi ha influenza è quello di ispirare e adesso più che mai è importante che succeda, lasciando spazio alle nuove leve.

Chi fa informazione deve fornire gli strumenti per stimolare il pensiero, non indirizzarlo.
Mille esperimenti sbagliati in un bar pieno di persone che stanno bene, mille Spirit Success Specialist che studiano la notte il modo di promuovere un cliente, mille articoli di giornali trasbordanti di consigli, in un mondo dove tutto è giudizio, sono fortune che oggi pochi possono permettersi.

Per non sbagliare apro una Moretti e vi saluto.

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