Il processo di finitura in botte di un whisky consiste nel trasferire il distillato dalla botte in cui ha iniziato il suo processo di maturazione a un’altra botte per una seconda fase di invecchiamento, utilizzando un legno o una tipologia di contenitore diversa. Sebbene oggi questa tecnica sia ormai una pratica consolidata e diffusa nel settore, non è sempre stato così. La finitura in botte, infatti, è una tecnica relativamente recente nella lunga storia della produzione di whisky.
Le origini della finitura in botte
La pratica della finitura in botte, o maturazione secondaria, ha preso piede solo negli ultimi quattro decenni. Uno dei pionieri di questa tecnica è il Dr. Bill Lumsden, attuale direttore della distillazione e della creazione di whisky presso Glenmorangie e Ardbeg. Lumsden ha svolto un ruolo chiave nella diffusione della finitura in botte, utilizzando una vasta gamma di botti di vino di alta qualità per conferire ai suoi whisky un profilo aromatico complesso e distintivo.
Tuttavia, il primo esperimento moderno di finitura in botte si deve a David Stewart, storico master blender di The Balvenie. Nel 1983, Stewart lanciò Balvenie Classic, un’espressione che sarebbe stata successivamente rinominata Balvenie DoubleWood. Questo passaggio segnò l’inizio ufficiale della pratica della finitura in botte, che da allora ha rapidamente guadagnato popolarità.
All’inizio, la finitura in botte venne accolta con cautela. Tuttavia, come accade per le migliori innovazioni, una timida adozione iniziale si trasformò presto in un fenomeno ampiamente diffuso. Oggi la finitura in botte è una pratica comune in tutte le categorie di whisky, e la tecnica è stata adottata anche per altri distillati.