Ma in quegli anni ci fu un altro avvenimento che aiutò a migliorare la reputazione del gin e a riportarlo in auge in Inghilterra: l’invenzione dell’alambicco continuo e la conseguente nascita del London Dry Gin. Ricordiamo infatti che “London Dry” indica un metodo di produzione e non una provenienza ma, essendo inizialmente prodotto soprattutto nella capitale, ha preso questo nome.
Nel 1827, infatti, Robert Stein inventò l’alambicco continuo, brevettato però da Aeneas Coffey nel 1830 e dunque conosciuto anche col nome di “Coffey still”. Con i tradizionali “pot still” o alambicchi discontinui, veniva prodotto un gin qualitativamente scarso che veniva edulcorato con lo zucchero (Old Tom Gin), invece grazie a questa invenzione fu possibile creare distillati più puri, puliti, che non necessitavano altri pericolosi additivi per mascherarne l’odore sgradevole, in minor tempo e con maggiore efficienza. E con la tecnologia cominciano anche ad arrivare i primi grandi professionisti della distillazione del gin, noti ancora oggi, come Alexander Gordon, Felix Booth, Charles Tanqueray e James Burroughs. Risulta chiaro dunque che il gin servito nei Gin palace fosse decisamente più bevibile di quello che era diffuso durante la Gin Craze e alle classi più ricche cominciò a piacere questo “London Dry style”, non zuccherato – e quindi “più sano” – e più secco dunque anche nel gusto.