A confermarlo, Umberto Pizzi, che qualche settimana fa è stato ospite in una delle serate dei martiniani al The Gin Corner. L’occasione per ripercorrere gli anni della Dolce Vita insieme al maestro Lotti, a cui, quando parla della sua esperienza al Grand Hotel, si illuminano gli occhi. Ma i paparazzi stavano fuori ad aspettare? “Non sempre, spesso si intrufolavano anche nelle sale”. Vecchi volponi della mondanità, che si celebrava fra armatori greci (Onassis in testa), politici, industriali italiani (l’Avvocato aveva una sua stanza al Grand Hotel), attori e attrici (memorabili le litigate di Liz Taylor e Richard Burton), registi come Orson Welles.
Ecco, quest’ultimo era una vera spina nel fianco dei bar della Dolce Vita. “Lo ha raccontato anche Cipriani in un libro, di come avessero dovuto rincorrerlo per farsi pagare il conto. Ci provò anche un paio di volte da noi al Grand Hotel: arrivava, ordinava champagne e diceva di mettere in conto. Poi nessuno saldava. La prima volta passò, la seconda facemmo presente che il conto dell’anno precedente era ancora in sospeso”.
A proposito di spine nel fianco, al Grand Hotel volevano farsi vedere perfino i “gangster” dell’epoca. Lotti racconta che ci provò una volta Enrico De Pedis, fra i capi della Banda della Magliana, ovvero quello che in seguito verrà romanticamente battezzato “il Dandi” nel romanzo e nella serie tv. Come il soprannome lascia intendere, era amante del bello e non volle farsi scappare l’occasione di sfoggiare i suoi bei vestiti nelle sale del Grand Hotel. Mauro Lotti lo riconobbe, non disse una parola, ma ordinò ai suoi di non avere lo stesso riguardo che avevano normalmente per i clienti, di trattarlo insomma come se fosse in un bar della Magliana, da cui proveniva. La tattica evidentemente funzionò, perché De Pedis al Grand Hotel capì che non era aria, ma dopo quella volta non si è più rivisto.