Ma andiamo con ordine. Dopo la dovuta riverenza ai padroni di casa, “Mauro Lotti, Angelo De Valeri? Loro sono direttori d’orchestra, io sono un po’ più un rocker”, e al tema della serata “A chi dice che il Martini non si porta più io rispondo che il Martini è quello che sta seduto sul fiume e li vede passare tutti”, inizia il racconto vero e proprio.
“Quando ho detto a mio padre ‘apro un locale’, lui mi ha risposto ‘ma perché?’; io gli ho detto ‘per le persone’ e lui allora ha aggiunto ‘ e che ci vengono a fare?’”. È questo il contrasto che ha vissuto intimamente Patrick. Il papà è il classico colletto bianco governativo, quello del posto fisso, mentre la mamma, irlandese che ha dedicato il figlio alla sua patria chiamandolo con il nome del suo patrono, era a Roma perché lavorava come ragazza alla pari dei principi Colonna. “Io chiamo i principi per nome, un po’ sono cresciuto con loro, nel loro splendido palazzo nel centro del centro di Roma. Un posto da favola e quando la sera ci rimettevamo sull’85 per ritornare a casa io chiedevo a mamma ‘ma perché torniamo in quella casa? È così bello lì’”.
Solo qualche anno dopo Patrick, forte delle sue esperienze da pub irlandese, già calcava i primi banconi. A conti fatti, seguendo il suo racconto, ha iniziato nel 1997 e in effetti dice di essere “un bartender analogico” e che per lui l’epoca moderna si distingue in pre e post Facebook. In effetti, prima di bere miscelato si parlava poco e si beveva peggio, mentre oggi è uno dei trend topic e tutti discettano di mixology.