Interviste

Due chiacchiere davanti a un gin tonic... con Franco Gasparri

Vanessa Piromallo
April 30, 2015

Inizia con Franco Gasparri, Master Ambassador di Diageo, la rubrica de ilGin.it che racconta sottovoce il mondo dei giner. Racconti, confidenze e segreti di gente che, come noi del ilGin.it, condivide la passione per il gin. Tutto rigorosamente davanti a un gin tonic

Gin Tonic: Tanqueray, Schweppes Indian Tonic, cubetto al lime e gocce limone, twist di limone

Gin Tonic: Tanqueray, Schweppes Indian Tonic, cubetto al lime e gocce di limone, twist di limone

Franco Gasparri, "Keeper of the Quaich"
Franco Gasparri, intento a descriverci le qualità del Tanqueray

Bologna, 30/04/15

ilGin.it: Sappiamo che sei uno dei pochi a detenere il riconoscimento di “Keeper of the quaich”

Franco Gasparri: Sì, riguarda il mondo del whisky. “Quaich” è una parola scozzese che indica la caraffa d’acciaio che veniva usata nel XXII secolo per bere il whisky. Serviva inizialmente per tastare il whisky, perché si pagava una tazza in funzione della gradazione alcolica. Per capire quale fosse il distillato, veniva acceso con una fiamma e a seconda della velocità con prendeva fuoco stabilivano, a grandi linee, la gradazione alcolica del liquido.
Il quaich è  diventato un simbolo dei single malt, che si può trovare anche in etichetta, come il Tastevin dei sommelier francesi è diventato poi il simbolo degli assaggiatori di vino. Ma se ci pensate una volta i bicchieri erano quelli, i bicchieri d’acciaio dovevano durare tutta la vita, li usavano per bersi la zuppa, il whisky, la birra… Poi quando hanno inventato il vetro hanno iniziato a lavarli e via…
Tornando al quaich, questa associazione, i “Keeper”, è costituita da persone che conoscono il mondo del whisky, devi essere presentato e vengono insignite solo le persone che in qualche modo hanno sviluppato il modo del whisky scozzese nel mondo.

iG: Come è nata questa passione, come sei entrato nel mondo degli spiriti in generale?

FG: Ho iniziato a lavorare dietro il banco bar che avevo 13 anni a Rescaldina, un paese vicino a Legnano; paese piccolo ma che in realtà era nel triangolo d’oro della Lombardia del boom economico: solo a Rescaldina c’erano 163 aziende. Fu un caso: un’estate, avevo appena finito le scuole medie, ero andato a mangiare un gelato e il gestore del bar mi chiese se volevo aiutarlo durante il periodo estivo. Questo mondo alla fine mi è rimasto attaccato in qualche modo, sia nel periodo delle superiori sia poi quando ho deciso di fare l’università. A vent’anni ho aperto un American Bar, che a Rescaldina era molto famoso a quell’epoca; stiamo parlando degli anni ‘80. Eravamo 3 ragazzi, io ero quello che stava lì mattina e sera, gli altri avevano anche altri lavori. Volevamo fare qualcosa di diverso perché c’erano solo i bar dove giocavi a carte, ti bevevi un bicchiere di vino e non c’era un po’ di musica, neanche a pagare. Ha avuto successo perché è stata una cosa innovativa a quell’epoca, l’unico errore forse era non averlo fatto a Milano o a Legnano, ma a Rescaldina, però era pieno di Ferrari perché tutti gli industriali della zona alla fine venivano lì.

iG: Che cosa si beveva lì negli anni ‘80?

FG: Questa è una bella domanda… Noi facevamo i gin tonic, ma serviti nei bicchieri tumbler normali, whisky e cola, lo Skywasser che era un cocktail analcolico. Se non ricordo male si faceva con succo di limone, sciroppo di lampone e soda water con ghiaccio, ma nelle discoteche degli anni ‘70-’80 veniva proposto nella versione alcolica con il Gin (in una sorta di gin fizz al lampone ); era uno dei cocktail famosi a quell’epoca, adesso è sparito, si beveva a Cervinia.

 

Gin Tonic: Tanqueray 10 , Thomas Henry, scorza di arancia, limone, pompelmo e lime

Gin Tonic: Tanqueray 10 , Thomas Henry, scorza di arancia, limone, pompelmo e lime

Franco Gasparri ci racconta del suo Gin Tonic Preferito
La redazione de ilGin.it

iG: Tu lo bevi il gin tonic? Ti piace?

FG: Direi che è il modo migliore per bere un gin, è dissetante, fresco, per l’aperitivo, digestivo, lo puoi bere a tutte le ore. E poi basta cambiare pochi ingredienti: lo stesso gin, la stessa tonica ma ci metti due fiori di camomilla o la liquirizia…

iG: Parli del Tanqueray n.10?

FG: Beh sono un po’ di parte… se ci metti la liquirizia o un ciuffo di menta ti cambia già il profumo, cambia tutto.

iG: Ecco dacci i tuoi consigli su come gustarsi al meglio il gin, cosa aggiungeresti nel gin tonic per renderlo perfetto?

FG: Credo che sia frutto di fantasia, quello che ti ispira al momento.

iG: E a te cosa ispira ora? Proviamo a indovinare Tanqueray n. 10, con fiori di camomilla, un po’ di scorza di pompelmo e Jgasco ?

FG: Quello potrebbe andare bene, però io sono più da Tanqueray classico.
Potremmo provare un gin tonic col Rangpur, così proviamo quanto sa di mandarino.

iG: A chi piacciono i gin tonic speziati e piccanti cosa consiglieresti?

FG: Per esaltare sapori di questo tipo si può aggiungere una scorza di limone, oppure il peperoncino intero, che crea anche un contrasto di colore piacevole, o anche i grani di pepe, come il pepe rosa che è più delicato; si può fare aggiungendo spezie oppure per contrasto, per esempio coi chiodi di garofano perché sono più dolci e contrastano col piccante. Tutti piccoli elementi che aggiungono qualcosa al naso, ma anche nel bicchiere.

iG: A noi piace sperimentare pensando ai gin tonic come uno chef pensa le portate per la sua cucina, cercando di non farci influenzare da idee preconcette, cosa ne pensi?

FG: In realtà ci facciamo influenzare da tutto. Il nostro gusto è influenzato dagli amici che abbiamo, dai profumi che hai attorno, da quello che mangi… La cultura è essere anche influenzati, no? Ogni spunto, quello che diciamo, quello che facciamo nasce dalla nostra cultura; la cultura è esperienza.

iG: Ma nel mondo in generale del cocktail non c’è lo stesso approccio che c’è in quello della cucina, in cui è lecito sperimentare. Alcuni produttori di gin e barman si sono arrabbiati con noi perchè abbiamo aromatizzato un gin tonic con altri ingredienti. Perchè secondo te?

FG: Penso che il barman sia come un artista, uno chef, è un interprete di quello che uno gli propone, è il pittore che imbratta la tela. E’ giusto che personalizzi quello che fa secondo il suo gusto e a seconda dei clienti che ha di fronte, perché se io chiedo un cocktail a me non interessa che segua la ricetta, ma che faccia qualcosa che mi piace di più, mentre altri desiderano combinazioni molto specifiche. Penso sia giusto che ognuno sviluppi il proprio gusto, ma è chiaro che il produttore che fa tanta fatica per creare un drink perfetto poi vorrebbe che chi lo beve ci metta solo il ghiaccio e la tonica. Io spesso non metto né lime né limone e anch’io a volte sono un po’ rigido per certe cose.

To be continued…

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