Dall’idea allo sviluppo effettivo della ricetta di Rivo Gin quanto ci è voluto?
Il lavoro di ricerca è durato ben due anni, dal 2014 al 2016. Dovevamo capire quali botaniche raccogliere e lavorare, partendo dal presupposto che volevamo utilizzare prodotti locali del Lago di Como. Ci teniamo al fatto che il nostro gin abbia una sua autenticità, che fosse un “terroir”, e inoltre volevamo fare qualcosa che non esistesse già sul mercato.
Vi siete fatti aiutare?
Sì, abbiamo lavorato con alcune etnobotaniche e con loro, che sono la nostra guida abbiamo studiato le botaniche, ma abbiamo studiato molto anche gli usi in cucina e le arti della miscelazione. E’ una vera e propria scienza e richiede un lungo lavoro capire quali botaniche raccogliere, dove, come e quando raccoglierle e utilizzarle. Ma non è solo una scienza, c’è anche una filosofia dietro a Rivo Gin e le sue botaniche.
Per la distillazione invece vi siete rivolti alla Distilleria Quaglia; come si è svolta la vostra collaborazione?
Ci siamo rivolti alla Distilleria Quaglia perché sono molto bravi, capaci e disponibili. Noi avevamo esigenze molto delicate, infatti lavoriamo con le botaniche fresche e ci serviva un distiller che fosse in grado di usarle al meglio. Pensate che dal momento della raccolta a quello della distillazione non passano più di tre ore.
Abbiamo scelto un metodo di distillazione che preservasse al meglio gli aromi delle botaniche. Esse infatti vengono distillate separatamente in un alambicco discontinuo a bagnomaria e poi uniamo i singoli distillati. Il punto è che ogni botanica è diversa dall’altra e quindi ognuna richiede una lavorazione differente, per esempio il timo ha note aggressive, forti, mentre l’angelica è delicata. Per raggiungere il nostro obiettivo non era possibile utilizzare un più classico metodo London Dry.