Quindi, regola numero uno: conoscere la composizione del Gin che si sta utilizzando.
L’abbinamento in questa circostanza segue le regole dell’assonanza e comporta la sola necessità di valutare in termini quantitativi l’entità del garnish.
È facile capire come in questo caso (per fare un paio di esempi concreti) il “perfect serve” per Brockmans Gin sia l’aggiunta di mirtilli e more mentre per Poli Marconi 46 sia particolarmente felice l’aggiunta di foglie di menta. Ma in che quantità?
Siamo propensi a considerare due elementi: il primo parte dal presupposto che il Master Blender ha attentamente studiato il bilanciamento delle botaniche per il suo Gin e che quindi non c’è alcuna necessità di rompere un equilibrio ricercato con grande attenzione e prove sul campo. Di conseguenza il principio del “less is more” è quanto di più saggio possiamo attenderci da un attenta valutazione generica sulla quantità del garnish. In secondo luogo bisogna valutare la natura della botanica del garnish, valutandone la sua portata. L’anice stellato, per esempio, è in grado di sprigionare in soli sessanta secondi di immersione un potenziale in grado di stravolgere qualsiasi Gin Tonic. Meglio spezzarne una sola punta e utilizzarlo così per fornire un delicato (ma sensibile) contributo al nostro G&T (magari costruito con un Aviation Gin). Altre botaniche al contrario possono essere utilizzate con maggiore disinvoltura (per esempio i sopracitati frutti di bosco) in quanto meno tendenti a rilasciare le proprie essenze in maniera decisa. In questo caso si consiglia di tagliare a metà lamponi, more e mirtilli per mantenere la giusta quantità, evitare sprechi e allo stesso tempo intensificare la loro presenza.