Prima del gin c’erano l’alcol e gli alambicchi…
La parola “gin” la si trova scritta per la prima volta in The Fable of the Bees di Bernard Mandeville (1714) e non se ne parla affatto bene. In questa storia scopriremo perché nel ‘700 il nostro distillato preferito aveva una brutta fama, ma partiamo dalle sue origini. Esse si ricongiungono a due elementi fondanti: le bacche di ginepro, utilizzate sin dall’antichità per le loro proprietà curative e per il loro profumo, e l’alcol. Quest’ultimo è apprezzato dall’uomo sin dal Neolitico a giudicare dalle tracce di bevande fermentate arrivate fino a noi (si ricava infatti dalla fermentazione causata dall’interazione dei lieviti con gli zuccheri).
Ma l’alcol di cui parliamo è distillato, quindi per la sua produzione dobbiamo aspettare l’invenzione dell’alambicco, avvenuta nel 1° secolo d.C. e attribuita agli alchimisti arabi, che hanno potuto separare l’etanolo dall’acqua con questo mezzo che sfrutta il fatto che il primo evapora a 78,3°C mentre la seconda a 100°C. Gli arabi inventarono la distillazione per motivi religiosi, ma ben presto si è capito anche il valore a livello medicinale degli estratti così ottenuti e così l’alambicco si è diffuso anche nell’attuale Europa. I monaci Benedettini dell’Università Medica di Salerno furono i primi a creare dei proto-gin con l’uso degli alambicchi, cioè distillati che oggi sarebbero considerati a tutti gli effetti gin. Il loro uso era però legato alla cura dei problemi alla vescica e al fegato.