Ed è proprio questo termine che mi ha colpita: il “gastrobartender”. È solo un esercizio di stile o l’inizio di una nuova figura professionale?
Io mi avventurerei più sulla seconda opzione, perché secondo me i tempi sono maturi per dar vita a una nuova filosofia del miscelare, nonché del cucinare, scardinando i confini del bar e della cucina. Magari un domani cambieranno completamente anche i banconi ed entreranno di diritto nei must have dei bartender giocattoli che già hanno fatto la felicità dei cuochi, come l’abbattitore o il roner, ovvero l’aggeggio che raffredda congelando in un attimo e quello che cuoce a bassa temperatura i cibi.
Mi aspetto che nascano (sempre in Spagna?) dei bartender alla Ferran Adrià, che con la tecnica e le loro idee prorompenti rivoluzionino il mondo della miscelazione. È già stato in parte così con la sferificazione o altre malie da bartender molecolari, ma il vero gioco non è solo quello di creare forme dai liquidi, ma anche di giocare con gli ingredienti per dar vita ad atmosfere completamente nuove.
Giorni fa ho visto la puntata di un talent, credo fosse Master Pasticcere Francia, in cui la task era la seguente: hai una dispensa intera, preparami un dolce che sappia per esempio di vaniglia, non utilizzando la vaniglia. Ecco, questa è la sfida, secondo me, che potrà in futuro avvicinare davvero bartending e cucina: lavorare per creare le emozioni di un piatto, facendolo diventare liquido.
Un gioco, certo, ma che dimostrerebbe una grande conoscenza da parte di chi vince questa partita, oltre che una raffinatezza e una mente fuori dal comune. L’ho già detto su queste colonne: sono convinta che sia la conoscenza che può fare la differenza. Studiate, ragazzi, studiate: quella barricata non si potrà mai saltare se non conoscerete a fondo gli ingredienti della miscelazione, anche quelli più reconditi. Non solo, se vorrete diventare un gastrobartender, dovrete interessarvi anche agli ingredienti della cucina e diventare una specie di database umano del gusto.
Buon lavoro!