Giovane rampolla di una ricca famiglia veneziana, erano armatori, fece parlare molto di sé per la sua relazione – pare che sia stata solo platonica – con lo scrittore. Lei aveva poco più di vent’anni quando si conobbero e lui più di cinquanta vissuti pericolosamente, fra le guerre a cui partecipava come inviato e le infinite avventure che aveva vissuto, senza contare i fiumi di alcol che aveva bevuto. L’amicizia particolare con la Ivancich fu quindi vista come uno scandalo vero e proprio per una città tutto sommato provinciale come Venezia.
E per complicare le cose, Hemingway scrisse un libro, dal titolo “Di là dal fiume e tra gli alberi”, in cui si parla proprio di questa strana storia d’amore, che almeno nel libro non venne mai consumata. I personaggi hanno altri nomi, lei è daughter, la figlia, lui il Colonnello. Chi ha vissuto a Venezia in quegli anni non faceva tuttavia fatica a riconoscere in quelle pagine qualcosa di accaduto nella vita reale, Martini compresi. Si legge nel libro: “Il colonnello guardò dalle finestre e dalla porta del bar le acque del Canal Grande. Vide il grande palo nero per attraccare le gondole e la luce del tardo pomeriggio invernale sull’acqua spazzata dal vento. Di là dal Canale c’era il vecchio palazzo, e un barcone di legno, nero e largo, risaliva il Canale con la prua piatta che sollevava un’onda pur avendo il vento alle spalle. «Fammi un Martini molto secco» disse il colonnello.”
E il suo Martini molto secco, nelle vere bevute di Hemingway era nientemeno che il Montgomery, un cocktail lanciato e battezzato dallo stesso scrittore. Quindici parti di gin e una di vermouth: lo aveva chiamato così ricordando l’omonimo generale inglese, che non stimava, a cui «piaceva combattere in quindici contro uno». Li beveva all’Harry’s Bar, dove bastava alzare un dito per esser compresi da Cipriani. Era il solito di Hemingway nei suoi anni veneziani.