Curiosità

7 cose da evitare di fare in un cocktail bar

The Gin Lady
March 9, 2017

I consigli di the Gin Lady: una lista di netiquette da bancone a cui stare attenti per non fare cattiva figura con il bartender

Leggevo un articolo sui ristoranti stellati e le relative netiquette da evitare per non far la figura del pesce fuor d’acqua. Ora, i cocktail bar raramente sono simbolo di affettazione, a parte qualche location di particolare charme come i bar degli alberghi stellari. Il Ritz di Londra, per esempio, dove c’è un tavolo sempre libero per i componenti della Royal Family. Ma noi frequentiamo solitamente posti più schietti e sinceri, dove non c’è bisogno di portarsi il Galateo in borsetta. Tuttavia, dopo aver imparato a masticare un po’ di bartending, ho capito che anche la frequentazione dei cocktail bar ha una sua grammatica. Ci sono cose da fare e da non fare. Per esempio, se vi sedete al bancone avrete modo di conoscere il bartender, chiacchierarci e vederlo all’opera e molti la troveranno un’esperienza interessante. Ma oggi parliamo non delle cose da fare, ma di quelle assolutamente da evitare, per non rischiare di perdere il rispetto di chi vi sta preparando il suo miglior miscelato con tanto amore.

Anche al bar la buona educazione è importante

  • Mai rivolgersi al bartender dicendo “cameriere”. Il bartender non è un cameriere, al massimo un barista, ma meglio barman. Figuriamoci come può prenderla ad esser chiamato cameriere uno che si autodefinisce mixologist.
  • Evitare la citazione anni Ottanta “Jean-Pierre, tremilaeseicento Sanbittèr”: non siamo più negli anni Ottanta, le spalline si spera non ritornino più (anche se ci sono preoccupanti segnali in questo senso) e nei bar il Sanbitter a stento si trova di questi tempi, specialmente in quelli dei mixologist di cui sopra.
  • Pensarci bene prima di chiedere uno Spritz. Fuori dai confini del Lombardo-Veneto, sappiate che lo Spritz è per i bartender il cocktail della disfatta: se il cliente entra e lo ordina, il bartender sente di avergli comunicato di essere “uno qualsiasi”. Nonostante una bottigliera dietro la sua schiena che è un investimento, nonostante una schiera di tool davanti che manco un chirurgo e nonostante l’eloquente barba d’ordinanza. Attenzione peraltro nei bar di periferia, che nello Spritz ci mettono vino bianco o prosecco aperto dal ’55, che non certo si può definire invecchiato, quanto piuttosto vecchio e basta.
  • Idem per vino o birra in bottiglia. A meno che non siate in un’enoteca, perché chiedere qualcosa di imbottigliato se avete davanti una carta dei cocktail lunga una quaresima o una selezione di gin da oltre cento bottiglie (fatti e riferimenti a locali come il The Gin Corner sono puramente casuali)? Poi ognuno fa ciò che vuole e il bartender accontenta il cliente per definizione, ma tante volte ho letto nelle loro facce la delusione.
  • Non rimanerci male se il barista non fa le acrobazie, ricordandosi di Tom Cruise in Cocktail. Men che meno chiedere al bartender di esibirsi. Le acrobazie di cui sopra sono proprie del flair bartending e qualora abbiate davanti uno specialista della materia state pur sicuri che ve lo farà notare spontaneamente.
  • Non ruotare i cocktail come se fossero degli amaroni della Valpolicella da far ossigenare. Al massimo può essere accettabile un’annusata per apprezzarne l’aromaticità, ma il cocktail è per definizione un miscelato e quel che si doveva girare l’ha già girato il bartender.
  • Lo stesso vale per lo stirrer, quel bastoncino solitamente di plastica, brandizzato in cima, che talvolta mettono nel vostro bicchiere. Specialmente nel caso del Gin Tonic, lo stirrer non è lì per creare vortici nel vostro cocktail, che avranno l’unico effetto di far sciogliere il ghiaccio e annacquare il drink. Banalmente tende a trovarsi lì più che altro per un effetto scenico e per sponsorizzare il miscelato. Qualche giratina va bene, ma non esagerate.

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