Curiosità

Grandi brand vs piccoli brand

Vanessa Piromallo
May 19, 2015

Un consulente per barman esperto dichiara che i consumatori non sono interessati al gin artigianale o fatto in casa. Secondo ilGin.it invece il senso critico verso il gin da parte dei consumatori è sempre più attento e sviluppato.

I termini “gin artigianale” e “small batch” (piccolo lotto) sono parte di un dibattito mondiale fra le aziende, con alcuni brand sotto processo, come la Tito’s Handmade Vodka e Maker’s Man, perché coi loro nomi ingannano i consumatori.

Nate Brown, co-manager de The London Bar Consultant and Merchant House ha parlato di questo argomento al The Gin Guild, il secondo Ginposium annuale tenutosi al The London Museum of Transport. Ha detto di non aver mai sentito un consumatore chiedere un “gin artigianale” e nemmeno ha mai sentito un’azienda commerciale farlo. Nessuno, quando entra in un bar, chiede un gin small batch o cose simili.

Secondo Nate Brown nessun consumatore entra in un locale per chiedere un “gin artigianale”

Davvero ai consumatori non interessa il gin artigianale?

Davvero ai consumatori non interessa il gin artigianale?

Secondo Nate Brown ‘gin artigianale’ è una parola generica che non aiuta a vendere gin, è un termine eroso dall’uso che nei bar ha perso ogni significato. I piccoli produttori lo hanno sbandierato ai quattro venti nel tentativo di ingaggiare una guerra contro i grandi marchi. Ma i piccoli brand non avrebbero successo se non alle spalle dei grandi produttori che si occupano dei consumatori interessati in prodotti locali o in cose nuove. Brown dice che i consumatori hanno bisogno di punti di riferimento, di qualcosa che giustifichi le loro scelte, altrimenti il consumatore preferisce non scegliere affatto.

Non c’è nessuna ragione, sempre secondo Brown, per la quale un piccolo produttore di gin dovrebbe essere in grado di produrre un gin migliore di quello delle grandi aziende e che la creazione di un tale tipo di competizione equivale a dire che i grandi brand sono stupidi. Ma non lo sono. E non sono un nemico da combattere. I piccoli brand pensano di dover unirsi per sconfiggere quelli grandi, ma non è così. Brown non concorda con chi dice che il mercato del gin è già anche troppo saturo ed è impossibile che possano sopravvivere così tanti brand. Secondo lui questo mercato continua ad esistere proprio perché i nuovi brand continuano a creare quella che lui definisce una “tirannia della scelta”. Se questi brand riescono a mantenere il proprio carattere differenzianti allora essi possono sopravvivere.

Noi de ilGin.it crediamo e promuoviamo il senso critico del consumatore e allo stesso tempo la ricerca della qualità. Definiamo come Piccolo Brand, un prodotto artigianale, fatto a mano, cucito come un abito sartoriale e iniziamo la sfida.

La differenza tra un Piccolo Brand e un Grande Brand  è prima di tutto una questione di numeri e di presenza sul territorio. Un grande Brand è facilmente reperibile uno piccolo no. Uno a zero per il GB. Se parliamo di qualità un prodotto artigianale non deve essere per forza buono, l’amore e la passione non bastano, inoltre un prodotto industriale non deve essere per forza banale. due a zero per il GB. Ma la lunga storia di un Grande Brand non è per forza una garanzia di qualità, anzi a volte è solo la conseguenza di una non-cultura promossa per motivi economici. Due a uno. E’ grazie ai Piccoli Brand che il mercato è così variegato; la vasta scelta di diversi prodotti stimola la cultura, la ricerca e il senso critico del consumatore. due pari. Vi lasciamo con una parità ma con un’ultima considerazione.

Quando i Grandi Brand si guardano intorno vuol dire che qualche cosa sta cambiando e quando c’è interesse, ci sono investimenti, ricerca e promozione e noi “giner”, giudici inconsapevoli, ma consumatori attenti, siamo parte integrante di questo processo. A voi l’ardua sentenza.

Forse in Italia i consumatori tengono in grande considerazione i prodotti artigianali

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