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Non è gin, ma sa di gin: Hayman’s London Light e i problemi dei low e no-alcohol spirits

Vanessa Piromallo
January 18, 2023

Approfittiamo del lancio di Hayman's London Light per fare un po' di chiarezza sui distillati analcolici e a bassa gradazione...

Lo storico e rinomato produttore inglese Hayman’s ha da poco lanciato il suo distillato a bassa gradazione, chiamato London Light. Con il 12,5%, viene proposto come un nuovo modo per godere di “Gin Tonic” a bassa gradazione senza rinunciare al gusto. Venduto a circa 21 Sterline in bottiglie da 70cl, secondo quanto dichiarato da James Hayman, rappresenta l’evoluzione del loro Small Gin (leggi qui il nostro articolo al riguardo). Viene descritto come un distillato agrumato con distintive note balsamiche di ginepro, in grado di dare al “Gin Tonic” un sapore pieno come se si usasse un gin (perché a 12,5% vol. questo prodotto non può essere chiamato gin per legge). L’azienda inglese ha preferito la strada della bassa gradazione perché ritiene che non si riesca a conservare il sapore del gin nei prodotti analcolici (e altri concordano, come vedremo più avanti) in risposta alla crescente domanda dei bartender di prodotti “low alcohol” da aggiungere alla propria bottigliera.

Come dicevamo, questo prodotto, sicuramente interessante, non può essere chiamato gin poiché il regolamento impone una gradazione minima del 37,5% vol. L’aumento notevole di prodotti di questo tipo e soprattutto di alternative analcoliche al gin sta creando confusione tra i produttori – e conseguentemente tra i consumatori – su come identificarli in modo chiaro e univoco. Questo problema è stato da poco sollevato da Portman Group (alcohol industry regulator) che si è rivolto al governo britannico perché, dopo due anni di attesa dalla prima richiesta, stabilisca descrittori univoci e condivisi per le alternative low e no-alcohol. Diventa infatti sempre più urgente l’esigenza di una nomenclatura che sia chiara per i consumatori e permetta ai produttori di dare miglior visibilità alle loro creazioni in modo che non si perda l’occasione di portare avanti il trend positivo di interesse verso questi prodotti, in rapida crescita nel mercato inglese.

Arriviamo però a parlare di questa tipologia di prodotti. Sicuramente tra i tanti proposti da produttori di molti paesi nel mondo ce ne sono di ottimi e di grandissima qualità, però l’esperto di gin Aaron Knoll ha giustamente voluto puntualizzare in un articolo di recente pubblicazione nel suo blog The GIN is IN che una versione analcolica non potrà mai avere lo stesso sapore dell’originale a gradazione piena. Ciò non significa che siano necessariamente meno buoni, ma che vanno degustati con la consapevolezza che non si avrà un identico ritorno in bocca. Il fatto che alcuni produttori cerchino di indurre i consumatori a pensare che si tratti di prodotti molto simili se non uguali è un altro problema che riguarda sia l’etica sia quanto già sollevato da Portman Group.

Come fa notare Knoll, è evidente che la mancanza di etanolo avrà per forza un impatto nel gusto. Lo stesso vale per il metodo di produzione. I “gin” 0% sono talvolta ottenuti facendo una normale distillazione e poi togliendo l’alcol, altri tramite la distillazione delle botaniche con solo acqua. C’è però un problema: alcune molecole come l’alpha-pinene (maggiore responsabile del sapore del ginepro) e il limonene non sono solubili in acqua e sarà quindi decisamente complicato ottenere le sfumature di sapore che la distillazione con alcol riesce ad ottenere. Tra i metodi utilizzati per ovviare al problema c’è quello dell’utilizzo di una più alta concentrazione di botaniche oppure l’aggiunta di aromi anturali e/o artificiali.

Un’altra difficoltà sta nel riprodurre la sensazione di bruciore e la consistenza dell’alcol. Alcuni hanno provato a imitare questi effetti aggiungendo capsicina o peperoncini, altri l’acido citrico e altri ancora ingredienti esotici che possano dare corpo all’analcolico, diminuendo l’inevitabile sensazione di “acquosità”. Attenzione perché a volte per dare consistenza viene aggiunto zucchero e quindi bisogna fare attenzione alle diciture in etichetta se si sceglie un analcolico pensando sia un’alternativa priva di calorie.

 

Fonti:

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