Storia e Distillazione

Storia del Gin 5: l'America, il Proibizionismo e la Cocktail Culture

Vanessa Piromallo
August 31, 2022

In questo capitolo la storia del gin ci porta nell'America dei ruggenti anni '20 e negli Speakeasy durante il Proibizionismo...

Sembra molto probabile che gli alcolici – e in particolare il gin – abbiano avuto un ruolo significativo nella storia della società statunitense: basta pensare che a inizio ‘800 gli americani bevevano in media più dei londinesi durante la Gin Craze. Anche in questo paese tutto comincia con il genever olandese, presente già da inizio ‘700 e, secondo quanto registrato negli archivi della storica distilleria Bols, largamente esportato oltreoceano tra il 1750 e il 1800 e il 1850 e il 1916. E infatti proprio all’inizio del XX secolo, quando la cultura del cocktail in America era al suo apice, il genever era importato cinque volte di più del gin inglese. Veniva chiamato Holland Gin o Geneva e condizionò di molto il gusto iniziale che gli americani associavano al gin, in quanto più saporito e più simile al whisky.

Molti dei cocktail contenuti nel libro di Jerry Thomas sono a base di Jenever

Copia storica della guida di Jerry Thomas, conservata nel museo di House of Bols, Amsterdam

La cultura del cocktail

Già negli ultimi anni del ‘700 gli americani avevano adottato la tradizione inglese del “punch bowl”, drink alcolici miscelati in quantità e bevuti in compagnia, e i bartender ben presto iniziarono a servire mono-porzioni di queste bevande. Fu così che dal Gin Punch nascono una serie di cocktail conosciuti tuttora, come Gin Fix, Gin Sour e Gin Fizz, simili ma con leggere differenze. Popolari erano anche i Toddies, serviti caldi, e lo Sling, ai quali venivano aggiunti i bitter e utilizzati come tonici medicinali specialmente laddove i medici non erano di facile reperibilità.

Sorvolando sulle numerose storie che circolano sull’origine del nome “cocktail”, è certo che la prima volta che la parola viene trovata scritta in inglese è in un articolo del 1806 dove si spiega che con questo termine si intende “un liquore stimolante, composto da distillati di ogni tipo, zucchero, acqua e bitters ed è volgarmente detto anche bittered sling”.

La svolta per la società americana, così come in tutte le società nella storia degli alcolici, avviene chiaramente dal momento in cui i cocktail passano dall’essere considerati medicinali a bevande a scopo ricreativo. Siamo nell’800 e le prime guide per la miscelazione iniziano a diffondersi: la più famosa è senza dubbio quella di Jerry Thomas, “How to Mix Drinks” (Il Manuale del Vero Gaudente), pubblicata nel 1862 e considerata uno step fondamentale per la diffusione della cultura del cocktail in Europa. In questa pubblicazione il Gin Cocktail è specificatamente preparato con Holland Gin e di fatto agli inizi della miscelazione negli USA veniva utilizzato esclusivamente il genever. La Gran Bretagna cominciò a esportare in America il gin solo dopo il 1850, a seguito della petizione voluta da Felix Booth. Si diffuse ben presto e nell’edizione della guida di Jerry Thomas del 1887 e, anche se l’Holland Gin rimane predominante, ad alcuni cocktail viene associato l’Old Tom Gin (tra questi il Martinez, il Silver Fizz e il Pineapple Julep). Qualche anno prima della pubblicazione fu aperta la prima distilleria di gin statunitense, la Fleischmann’s Distillery (Ohio, 1872).

Di Caprio nei panni di Gatsby nel film del 2013

Il Proibizionismo (USA, 1920-1933)

Mentre l’alcol a uso medicinale non veniva messo in discussione, l’alcol a uso ricreativo trovò ben presto i suoi detrattori. Non sorprende se si pensa che negli anni che seguirono la Guerra d’Indipendenza si è verificato il consumo medio di alcol maggiore nella storia del paese. Questi detrattori erano soprattutto donne, avendo sofferto particolarmente gli abusi degli uomini ubriachi, e il momento di apice dei movimenti contro gli alcolici fu durante la Prima Guerra Mondiale. Non è un caso: con tanti uomini in viaggio a combattere, le donne riuscirono a ottenere una forte influenza nelle decisioni politiche e infatti il Volstead Act (la legge che proibiva la vendita e il consumo di alcolici) venne approvata il 16 gennaio 1919 e l’anno dopo le donne ottennero anche il diritto di voto.

Il Volstead Act entrò effettivamente in vigore nel 1920 ed erano già molti quelli che non ne erano affatto felici. Canzoni e inni vennero scritti in onore degli alcolici, come “The Alcoholic Blues” nel quale si dice addio al gin e ci si chiede quando mai tornerà. Immediatamente ovunque le persone si mobilitarono per continuare a bere nonostante la legge e i saloon si trasformarono negli illegali bar nascosti noti come “Speakeasy”. Solo a New York se ne contarono almeno 30.000 e il giornale Daily Mirror coniò la parola “gintellectuals” per descrivere i newyorkesi amanti dei cocktail.

Nonostante le parole di The Alcoholic Blues, il gin non smise mai di fluire negli USA. Da una parte quella fu l’epoca dei contrabbandieri e dei gangster come Al Capone, che portavano illegalmente gli alcolici nel paese (di fatto la britannica The Distillers Company Limited, all’epoca proprietaria di Gordon’s Gin e Tanqueray, non smise mai di inviare i prodotti oltreoceano); dall’altra il gin era l’alcolico più facilmente replicabile in casa con mezzi di fortuna. Nasce infatti nell’epoca del Proibizionismo il Bathtub Gin, miscelando alcol di bassa qualità e ginepro in grossi container (la vasca da bagno era perfetta per questo utilizzo e da qui il nome).

Di bassa qualità in realtà non è sufficiente per descriverlo, stiamo parlando di prodotti effettivamente tossici e pericolosi, i cui effluvi venivano camuffati con l’uso di spezie e additivi (storia che abbiamo già sentito nell’Inghilterra del XVIII secolo) e tutto ciò ha chiaramente contribuito ancora di più a diffondere la cattiva fama del gin. Poiché anche per uso medico negli USA fu imposto l’utilizzo di alcol denaturato, usato quindi per la produzione illegale di alcolici, si contano almeno 10.000 morti durante il Proibizionismo per la sua ingestione. Inutile dire che proprio il divieto degli alcolici fu causa di un incremento del consumo degli stessi perché, si sa, la storia ha sempre una sua ironia.

Tra le contraddizioni presenti nel Volstead Act c’è anche la possibilità di consumare l’alcol acquistato prima dell’entrata in vigore della legge. Gli alcolici più popolari erano gin e whisky e quindi Dry Martini e Manhattan erano i cocktail favoriti e proposti durante i “Cocktail Party”. Le donne, che non consideravano adatto bere gin puro, potevano consumare Martini senza sentirsi in difetto ed è così che la storia dei cocktail si unisce ancora una volta a quella dei diritti delle donne.

Il 5 Dicembre 1933 il proibizionismo finì e l’alcol legale tornò negli USA. Il gin fu immediatamente il più diffuso in quanto facile da produrre senza necessità di invecchiamento come è invece per il whisky. Gordon’s aprì una distilleria negli USA nel 1934, seguito da Gilbey’s nel 1939. Nello stesso anno aprì Seagram’s in Canada ed è tutt’oggi il gin più diffuso sul mercato americano.

Hemingway

La cultura del cocktail in Europa

Come dicevamo, la cultura del cocktail all’Americana raggiunge anche l’Europa. A contribuire a ciò ci sono diversi fattori, tra cui Guerra e Proibizionismo, che portano nel continente numerosi americani e anche bartender espatriati. E così l’Harry’s Bar ospita personaggi come Hemingway e F. Scott Fitzgerald e in Italia e Francia vediamo diventare popolari diversi cocktail mentre a loro volta gli europei iniziano a usare i propri ingredienti per nuove creazioni.

A Londra ovviamente la cultura del cocktail diventa molto forte. Tra i posti più in voga all’epoca (e in voga ancora oggi) c’è l’American Bar del Savoy Hotel, servito dal bartender Harry Craddock, fuggito dagli USA proprio a causa del proibizionismo. Prima di lui a quel bancone stava Ada Coleman, inventrice dell’Hanky Panky (un Martini dolce con gin e vermouth dolce in pari quantità e l’aggiunta di un goccio di Fernet Branca).

La voglia di cocktail era tale che Gordon’s Gin lanciò i suoi Ready-to-Shake drink da fare in casa già nel 1924, in celebrazione della “Età del Jazz”, come la chiamava Fitzgerald. E in tutto ciò il gin rimarrà tra gli ingredienti principali fino agli anni ‘50, per essere in gran parte sostituito dalla vodka negli anni ‘60. Ma della ri-discesa e ri-rinascita del gin parleremo nelle prossime puntate…

Clicca qui per le puntate precedenti della storia del gin

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