Giner

Monkey 47 Barrel Cut Gin: la nostra recensione

Paolo Topa
December 17, 2020

Monkey 47 Gin Barrel Aged descritto nei minimi dettagli di aspetto e di gusto dal nostro giner Paolo Topa

Gli appassionati italiani della “Scimmia” sono stati in preallarme per molto tempo, ma finalmente il momento è arrivato: anche in Italia è possibile acquistare una bottiglia della nuova edizione di Monkey 47 “Barrel Cut”, gin invecchiato in botti di gelso per 6 mesi. La tendenza per questa tipologia di Gin (intendiamo quindi i cosiddetti “aged”) è in forte ascesa, complice la ricerca da parte dell’appassionato di prodotti sempre più raffinati e complessi e i produttori si sono quindi allineati, ampliando la loro proposta commerciale in virtù di questo fatto. Tutto fila? Neanche per sogno:  queste bottiglie hanno un prezzo molto elevato e sono state bersaglio di critiche visto che l’invecchiamento (paragonato per esempio a quello di un rum caraibico) sembra non giustificare in pieno i costi di stoccaggio  – piuttosto contenuti – sostenuti dal produttore. Il “Barrel Cut” di Monkey 47 riuscirà a convincere al di là di queste valutazioni commerciali? Siamo qui per cercare di fare chiarezza sulla qualità di questo gin, perché alla fine –  quello che conta davvero –  è solo ed esclusivamente la qualità del prodotto.

Foto: Paolo Topa

PACKAGING: La bottiglia si presenta in una confezione di cartone grezzo con il tipico “francobollo della scimmia” in bella evidenza al centro. Nessuna concessione al marketing ci verrebbe da dire, se non per alcuni piccoli dettagli, come il paesaggio africano raffigurato nella parte inferiore della scatola e il motto “Rare but true” indicato nella parte superiore della confezione. Al suo interno troviamo la classica bottiglia “Monkey 47” con un’etichetta di colore diverso e il tappo di sughero questa volta contornato da un anello di color oro con la consueta scritta “Ex Pluribus Unum” incisa lungo tutta la circonferenza.
Quello che stupisce è ovviamente il colore, inequivocabilmente frutto dell’invecchiamento in botti.
Sul retro dell’etichetta compaiono importanti informazioni: il tipo di botte utilizzata (nello specifico il gelso… forse il segnale che ci potranno essere in futuro tipologie differenti?), l’invecchiamento complessivo (180 giorni), il lotto di produzione, il numero della bottiglia e la capacità del barile (110 litri)

FORMATO: 50 Cl
GRADAZIONE: 47% (elevata)

Foto: Paolo Topa

DEGUSTAZIONE:

Ovviamente si tratta di un prodotto che va esclusivamente degustato liscio, quindi lontano da qualsiasi tentativo di miscelazione. Sinceramente sconsigliamo anche l’aggiunta di ghiaccio, specificando come la temperatura di servizio in questo caso sia particolarmente importante: 16-18 gradi.

Al naso il “Barrel Cut” si dimostra particolarmente intrigante e “esageratamente” complesso. Note di frutta gialla candita, vaniglia e pesche sciroppate sono il biglietto di ingresso. Successivamente, “scuotendo” un po’ il bicchiere, avanzano sentori di fiori bianchi, spezie gentili e legno odoroso. Nella parte finale sembrano esserci leggerissime note di tabacco. Il sorso è pieno, ampio e di grande portata: si sente la piccantezza leggera delle spezie, una secchezza moderata ma ben avvertita e in qualche modo venata da una certa dolcezza di sottofondo. La tradizionale complessità della versione ordinaria di questo gin viene ulteriormente amplificata da questo imbottigliamento che espande e aggiunge ulteriori sensazioni. La persistenza è degna di un grandissimo distillato: durevole, elegante e profonda. Si scorgono ulteriori sfaccettature, come quelle di frutta tropicale e legno di cedro. Particolarissima una nota salmastra piuttosto pronunciata, originale e molto gradevole. Per scorgerla è sufficiente avvicinare il naso al bicchiere vuoto, le sensazioni sono ancora tutte lì…
MAGNIFICO

Complessivamente possiamo dire che il “Barrel Cut” sia sotto un certo punto di vista quasi sorprendente. Infatti non si limita ad aggiungere i consueti sentori legnosi al bouquet aromatico della produzione ordinaria ma si spinge oltre, probabilmente aiutato dall’attenta valutazione sulla scelta del materiale utilizzato per la costruzione delle botti e dalle condizioni climatiche dell’invecchiamento. Quello che ci rimane da dire è che sì, effettivamente in questa bottiglia c’è qualcosa che va effettivamente provato e che si distanzia dal concetto di Gin “aged” che fino ad oggi avevamo provato.  E possiamo chiudere col dire che da oggi il “9 Moons” di Martin Miller’s ha un degno avversario con cui confrontarsi al vertice della categoria dei Gin invecchiati in botte…

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