Santoreggia: storia ed etimologia
Il piacere della tavola non è solamente la soddisfazione dell’appetito attraverso il cibo: il conversare, Io stare insieme, il gusto di attendere assaporando gli odori diffusi. Un grande psicologo americano ha scoperto che gran parte del piacere della tavola deriva dall’atavica abitudine dei nostri antenati di andar per monti e per campagne alla ricerca di cibo, guidati dai profumi e dai colori: la mensa li ripropone sollecitando al tempo stesso i gusti primitivi che guidavano l’uomo. E la Santoreggia non è una fra le tante, è forse la più agreste e la più stimolante e per di più quella maggiormente legata ai nostri monti. La conoscevano anche i Romani, e forse la chiamavano “satureia”, perché atta a stimolare l’appetito anche in chi era già sazio, “Satur”. Ai tempi degli antichi Greci e Romani la santoreggia era considerata anche un efficace e potente afrodisiaco. E per questo motivo c’è che dice che l’etimologia stia invece a significare “erba dei Satiri”, ma non c’è nessuna prova a riguardo.
Santoreggia, l’erba dei nostri monti
Che cosa è la santoreggia
La santoreggia è una pianticella annuale con fusto di 30/40cm con numerosi e gracili ramoscelli di color rossastro; le foglie sono opposte, brevemente picciolate e ricoperte di peluria grigia, che nasconde piccole ghiandole emananti un odore aromatico molto piacevole; i fiori sono piccoli, ascellari, di color bianco-roseo; il frutto è un achenio (frutto secco indeiscente, monospermico, con parete coriacea, non aderente al seme, per es. la castagna). Cresce nell’italia settentrionale e centrale, nei luoghi umidi delle regioni submontane.
Proprietà e usi della santoreggia
Il genere “Satureja” comprende numerose specie annuali o perenni, ma solo due, la S. Hotensis e la S. Montana, hanno interesse erboristico in quanto specie aromatizzanti. Si utilizzano le foglie e le sommità fiorite, da cui si ottiene l’olio essenziale, con resa intorno allo 0,80%, ma variabile in funzione dell’epoca di raccolta della pianta e della specie. Nella composizione prevalgono il carvacrolo e il timolo, ma sono presenti anche cimene, cariofillene, pirene, limonene, ecc. Nella S. Montana sono distinti “tipi fenolici” ad elevato contenuto in carvacrolo (68%), tipi intermedi, ad elevato contenuto in imene (35%) e tipi non fenolici ad elevato contenuto di linalolo (50%). Differenze notevoli si notano nella composizione di specie del genere Satureia, alcune delle quali hanno un particolare aroma di menta.
Se ne utilizza a scopo terapeutico la parte aerea, che viene raccolta in piena estate e conservata, dopo averla essiccata all’ombra, in recipienti di vetro ben chiusi. Contiene un olio essenziale, il carvacrolo, sostanze tanniche e sali minerali vari, che fanno apprezzare, oltre che in profumeria e liquoreria anche nella medicina, quale antispasmodico, digestivo, carminativo, antielmintico, antidiarroico, espettorante ed afrodisiaco. Dosi eccessive possono tuttavia provocare spiacevoli effetti secondari del sistema nervoso e gastro-intestinale.
E’ utilizzata allo stato fresco per usi culinari. Presente in diversi prodotti da forno, salse e minestre, ma il prevalente impiego è nell’industria liquoristica dei vermouth. La si trova anche come botanica di alcuni gin, prevalentemente italiani.
Infusi ed essenze con la santoreggia
Quale digestivo e antidiarroico si preferisce l’infuso: 5gr. di parti seccate in una tazza di acqua bollente, da lasciar ripassare per 5/6 minuti e da bere a modo di tisana, durante il giorno.
L’essenza di Santoreggia invece si ottiene per distillazione e si utilizza a gocce su di una zolletta di zucchero da sciogliere in bocca, contro attacchi di asma, nelle bronchiti, nell’astenia e nel catarro persistente.
Vino medicinale: fare macerare, per una settimana circa, 50g di cime fiorite essiccate di Santoreggia in un litro di buon vino bianco; trascorso il tempo indicato, colare e conservare in una bottiglia pulita in luogo fresco. La dose è 2-3 bicchierini il giorno.
La Santoreggia nei cocktail: Satira Black di Sara Lungo
- 3cl Gin london dry
- 2cl dry vermouth
- 3cl satiro (amaro alla santoreggia)
- 1,5cl succo di limone
- 1,5cl sciroppo di zucchero nero (al carbone vegetale)
- 2 dash angostura
Tecnica: Shake & strain
Decorazione: ramo di santoreggia e peel di limone
Sara, 27 anni, bar e restaurant manager in un hotel di Bologna. Si è avvicinata al bartending e alla mixology negli ultimi anni grazie al ruolo che ha ottenuto. L’esperienza anche nel campo culinario la supporta nella ricerca accurata degli ingredienti.
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