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Gin Ginberg, l’artigianalità e la passione in un gin autenticamente italiano

Elisabetta Lugli
June 11, 2021

Con Salvatore Iannello vi raccontiamo la sua creazione: Gin Ginberg, il gin calabrese che nasce dall'unione di ginepro e bergamotto

A sentire il nome, Gin Ginberg, viene in mente qualcosa di nordico. Niente di più sbagliato: Gin Ginberg è un distillato fieramente calabrese, e il suo nome deriva dall’unione di due parole: ginepro e bergamotto, le due botaniche principali che lo compongono. Abbiamo parlato con il suo creatore, il barman Salvatore Iannello, per farci raccontare la storia di questo gin artigianale.

Il gin calabrese da bere liscio e nei cocktail

Salvatore, come è nato il Gin Ginberg?

Io sono barman, ho sempre accarezzato l’idea di creare un distillato che fosse proprio mio, capace di differenziarsi, di essere di qualità e artigianale. Alla fine, con risparmi e forza di volontà, ho creato Gin Ginberg appoggiandomi ad un piccolo laboratorio. Il gin è uscito a gennaio 2020. Non mi sono fermato, dopo il gin ho prodotto anche un amaro, che è uscito pochi giorni fa.

gin ginberg

Che tipo di gin è Gin Ginberg?

Si tratta di un cold compound prodotto per infusione delle botaniche, molte delle quali sono calabresi: il bergamotto che utilizzo, ad esempio, arriva dalla zona di Reggio Calabria, e calabresi sono anche la liquirizia, il rosmarino e la camomilla. Le botaniche di Gin Ginberg sono tutte dichiarate, sono le quantità ad essere segrete. Utilizzo alcool di origine cerealicola e acqua di sorgente.

Quali sono le sue caratteristiche?

Al palato è ricco e intenso, sapido e fresco. La nota prevalente di bergamotto lascia in bocca una punta di amaro molto piacevole. Al naso è complesso, oltre al bergamotto emergono note  erbacee e speziate.

L’etichetta è particolare, molto bella, così come la bottiglia.

Sì, l’idea dietro all’etichetta e alla bottiglia, che richiama le antiche bottiglie da farmacia dei primi del ‘900, è richiamare un’immagine vintage. Questo perché Ginberg è un cold compound gin, preparato dunque con lo stesso metodo che si usava durante il proibizionismo.

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Come consigli di gustare Gin Ginberg?

Va benissimo sia in miscelazione sia liscio, è molto morbido, molto sapido, per questo non dispiace liscio. Si presta alla preparazione sia dei grandi classici che dei long drink. Ha una forte personalità, quindi i grandi classici li stravolge: lascia la sua impronta. Bisogna essere capaci di equilibrare il tutto. Se si vuole preparare un gin tonic con Ginberg consiglio una tonica indian, con una bella bolla decisa, che faccia risaltare il gin, mentre le toniche aromatizzate non sono adatte.
Come guarnizione io preferisco non mettere nulla, ma in stagione sta molto bene il basilico: non fa parte delle botaniche presenti nel gin, però si sposa bene. Molti consigliano come guarnizione una botanica già presente nel gin che si utilizza per preparare il gin tonic, io ragiono diversamente, è una cosa che sconsiglio perché trovo che se si guarnisce con una botanica contenuta nel gin la si esalta troppo, a discapito delle altre, che vengono nascoste.

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È appena uscito il tuo nuovo amaro, ce lo racconti?

Si tratta di un “amaro amaro”: non è dolce, contiene bergamotto, mandarino, che è una particolarità perché di solito negli amari si usano arancia e limone, poi ho messo il peperoncino ma senza semi, quindi non c’è piccantezza ma aromaticità. La parte amaricante è data dalla genziana e dal rabarbaro. Si chiama Amaro Monteleone 1890 in onore di questa storia: nel 1890 ci fu una pandemia di influenza russa che colpì tutto il mondo e in questa cittadina, Monteleone, che oggi è Vibo Valentia, mancavano i medicinali, così i cittadini si sono reinventati creando un tonico corroborante, del quale ho ripreso la ricetta per creare il mio amaro.

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