Curiosità

Quanti tipi di uvaggi conoscete? Non parliamo di vino, ma di gin!

Stefano Del Pianta
September 21, 2022

Stefano di @MyGinExperience ci racconta la sua esperienza con i gin che sperimentano con uve e vini e le loro caratteristiche...

Sono un grandissimo sostenitore del Made in Italy, innamorato del mondo del gin a 360°, e negli ultimi anni mi sono capitate tra le mani etichette interessanti con qualcosa in comune: l’uva. Ci sono svariati metodi di utilizzo di quest’ultima, che donano caratteristiche organolettiche differenti: dall’uso delle vinacce a quello delle bucce, foglie di vite, vino in purezza, acquavite e chi più ne ha più ne metta. In questo articolo citerò alcuni prodotti italiani che ho degustato e spiegherò i metodi di uso dell’uva che li differenziano.

Il primo che ho provato e mi ha folgorato è Grapeheart, Gin della Valpolicella, un Cold Compound 40%vol che racchiude nel suo colore ambrato i sapori del pregiato vino Amarone, realizzato da Francesco Accordi, Marco Grison e Marco Marchesini, assieme a Saverio Denti di Mistico Speziale. Sulle botaniche essiccate si vaporizza l’amarone, aromatizzandole e rendendole umide per cui necessitano di un’ulteriore essiccazione, in tal modo i loro sapori vengono armonizzati dall’amarone, che funge da collante e costruisce un bouquet unico ed equilibrato.

Dalla zona della Valpolicella proviene anche Amagin. Qui Filippo Perbellini ha realizzato due gin. Il primo è un Distilled Gin 40%vol dal colore rosato, con bucce degli uvaggi di Corvina, Corvinone e Rondinella derivanti dal lungo processo di vinificazione dell’Amarone, fornite da Zenato Winery, distillate da Pisoni. Il secondo è un London Dry 45%vol. La base di partenza sono sempre le bucce degli uvaggi precedenti, ma la ricetta è completamente stravolta, risultando in un gin molto più secco e complesso.

Restando in Veneto, vorrei parlarvi di Giove Gin “Gin of Veneto”, che è l’unico ad aver utilizzato anche la parte meno nobile della pianta. Siamo in piena zona di produzione del Prosecco, dove Pierfilippo Tomei, Francesco Pavan e Davide Ardizzone hanno utilizzato uva glera e foglie dello stesso vitigno per realizzare questo London Dry Gin 42%vol. Ginepro,  coriandolo, angelica e uva sono distillate con la tecnica “steeping”, mentre le foglie del vitigno sono distillate in corrente di vapore.

Cambiando regione, arrivo in Emilia Romagna e vi parlo di Sangiovese: nel 1944, a causa della guerra, un contadino locale e un ufficiale inglese  si sono incontrati e hanno dato vita a questo gin, poi rivisitato e realizzato dal nipote del contadino, Alessandro Zaghini, in due differenti versioni: Riviera Gin 41 e Riviera Gin 47. Viene però prodotto in Toscana, grazie a dei filari di Sangiovese sui colli senesi. L’uva raccolta viene pestata e messa in botte, riposa per circa 7 mesi, poi quando il vino è maturo viene distillato in  alambicco. Si ottiene un alcol a 96° dove vengono messe separatamente in infusione a freddo le botaniche. Nel Riviera Gin 41 troviamo, tra le altre, fiori di sambuco, zenzero, agrumi, cannella e due botaniche floreali segrete. Nel 47 troviamo gli stessi ingredienti, ma in quantità doppie, più il tè bianco.

riviera gin

Mi sposto in Piemonte passando al Barolo: ad Alba, nella zona delle Langhe, Stefano Marengo ha realizzato Barogin. Dopo aver provato a distillare il vino, ma senza ottenere una buona resa, Stefano ha optato per distillare le botaniche una ad una aggiungendo infine il vino in purezza. Il colore è dunque un bel rosso scuro con riflessi aranciati. Il Barolo del 2015, protagonista indiscusso di questo Distilled gin 43%vol., rende ogni lotto unico, perché, cambiando annata, il gin potrebbe presentarsi in maniera leggermente diversa.

Adesso vi porto in Lombardia, a Pavia, dove Luca ha ideato Gigogin. In questo London Dry 42.5%vol. la territorialità è data dal fatto che insieme alla base di alcool di cereali viene unito il  mosto  di  Bonarda, distillati assieme, poi vi vengono aggiunte le botaniche a secco, posizionandole sul camino dell’alambicco. Le botaniche sono 16, tra cui ginepro a bacca rossa, galanga, calamo, foglia di kaffir e tre tipi di pepe (del Bengala, di Timut e Sichuan).

Scendo in Sicilia per presentarvi Volcano Etna Gin Rosè: Stefano Lo Giudice, Alessandro Malfitana e Diego Pollicina, dopo il successo del loro primo gin, hanno realizzato questa chicca 41%vol, un gin rosato racchiuso da un tappo unico nel suo genere. È stato concepito prendendo spunto dal metodo di produzione vitivinicolo Sur Lies: le botaniche di Volcano Gin vengono messe a macerare con le fecce nobili del nerello mascalese, poi il gin è affinato con Etna Rosso Cru.

E se vi dicessi che due produttori hanno provato ad utilizzare l’acquavite nei loro gin? L’acquavite si ottiene dalla fermentazione dell’uva intera che comprende mosto e vinacce.

Il primo gin è Toscano: i due fratelli Luca e Lorenzo Scotto, assieme a Lorenzo Zappi hanno realizzato ar.GIN.tà.rio, un Compound 43%vol con ginepro, melissa, gelsomino, scorza d’arancia amara, finocchietto marino, lentisco e acquavite aggiunta a fine processo produttivo.

Il secondo gin è Nobile Kobiashvili, affinato 3 mesi in anfora Georgiana. Giorgi Kobiashvili vive in Italia ormai da tanti anni, a Trieste, e ha deciso di realizzare un gin italiano che raccontasse le sue origini georgiane. Tutte le botaniche crescono nella sua terra nativa (tra queste elicriso, rosmarino, timo, arancia, sambuco e pino mugo). Il gin è un Distilled 47%vol. e nella base di partenza, oltre all’alcolato di grano, c’è una piccola parte di acquavite di vino.

Concludo con un Gin della mia città, Arezzo, dove Tommaso Maria Gamurrini ha creato una versione del suo gin in Limited Edition da 1226 bottiglie in collaborazione con la Cantina Baracchi Winery di Cortona: Mediterraneo Barreled Gin 2021. La versione classica del suo London Dry (composto da ginepro, arancia, angelica, cardamomo, coriandolo, lavanda, liquirizia) è affinata per 100 giorni nelle barrique di rovere ex Syrah.

Questa è la mia personale esperienza che ho voluto condividere con voi lettori. Chissà che non vengano fuori nei prossimi anni nuove sperimentazioni e metodologie. Vi aspetto alla prossima puntata per approfondire l’utilizzo di un’altra botanica particolare nei gin italiani.

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