Fra i gin dal mondo merita una menzione speciale Hope on Hopkins London Dry Gin, prodotto a Cape Town, in Sud Africa, dalla simpaticissima Lucy e dall’entusiasta Leigh, due ex avvocati che hanno mollato tutto per mettersi a distillare gin. Interessante è il tedesco Skin Gin, talmente balsamico che libera il naso con una sola annusata. Sempre dalla Germania da non perdere Ferdinand’s Saar Dry Gin, decisamente insolito ma incredibilmente piacevole sul palato, grazie anche all’infusione dell’uva.
Dagli USA mi ha invece colpita la gamma di gin St. George, tre prodotti ottimi e adatti a tutti: il Botanivore è più erbaceo e floreale, il Terroir è molto più aromatico con forti note legnose, mentre il Dry Rye è decisamente speziato con note quasi piccanti bilanciate da quelle citrate. Dagli Stati Uniti viene anche Few American Gin, la cui base è di white whiskey, qualcosa di davvero unico e buonissimo sia nella versione normale, sia in quella invecchiata.
L’elenco è ancora lunghissimo, dal Martin Miller’s, perfetto per i cocktail Martini, al finlandese Helsinki Dry Gin, dallo sconosciuto Long Table Gin, prodotto in una micro-distilleria a conduzione famigliare in Canada, al più famoso Bathtub Gin, presentato anche nella sua versione invecchiata, da Haymans a Tarquin’s Gin, dal portoghese Sharish Gin allo spagnolo Santamanìa, dal londinese East London Liquor Company London Dry Gin al particolare Elephant Gin, che con i suoi ricavati aiuta a salvare gli elefanti in Africa. Dal Pinkster, al Dodd’s al Copperhead al Gin Mare e ancora tanti altri… come potete ben immaginare alle 15.00, quando è finito il mio turno al Junipalooza, ero felice e leggera e mai come ora vi auguro col cuore Enjoy and God Save the Gin!